Paola Vallini

Paola Vallini, artista toscana attiva dalla fine degli anni Ottanta, porta avanti dal 1989 una ricerca pittorica vitale ed eclettica. Ama esplorare temi e materiali diversi, lasciando emergere la forza del segno, il colore pieno e una visione del mondo che attraversa cicli e stagioni creative.

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Nel corso della sua carriera ha esposto in numerosi spazi pubblici e privati in Toscana e in Italia – da Palazzo Datini a Prato ai Magazzini del Sale di Siena, dalla Chiesa della Spina di Pisa al Palazzo Pretorio di Volterra – partecipando anche a progetti culturali internazionali come Small Art Works in Giappone. Le sue opere sono state presentate in rassegne dedicate all’arte contemporanea, omaggi musicali e collettive tematiche, entrando anche in collezioni istituzionali. Hanno scritto di lei critici come Dino Carlesi, Ilario Luperini, Nicola Micieli e Giuseppe Cordoni. La sua pittura, sempre in movimento, restituisce emozioni, memorie e passaggi interiori con uno stile personale e immediato.

Alessandra Cantini

Alessandra Cantini è una poliedrica artista italiana: attrice, scrittrice, intellettuale e creatrice visiva. Ha iniziato la sua carriera giovanissima nel film La prima cosa bella di Paolo Virzì e da allora ha costruito un percorso eclettico che attraversa giornalismo, relazioni internazionali, pittura, poesia e ricerca artistica.

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Le sue opere esplorano la complessità dell’identità femminile e il rapporto della donna con il proprio corpo e con l’altro sesso, spesso con immagini intense e provocatorie, mai volgari, che indagano fragilità, ferite, angoscia e desiderio di indipendenza, senza aderire a etichette o dogmi femministi.
Tra le sue opere più significative si segnalano Nuda poesia. Iconopoesia dell’eterno femminino, un connubio di immagini e versi che esplorano l’essenza femminile, e Sacro maschio, un saggio interdisciplinare che analizza criticamente i rapporti tra i sessi e la società contemporanea. La sua produzione comprende inoltre titoli di narrativa, saggistica e riflessione culturale, sempre orientati alla sperimentazione e alla ricerca visiva e concettuale.

Maria Letizia Giorgetti

Maria Letizia Giorgetti ama definire i propri lavori “colori in libertà”. Una libertà luminosa, solare, che attraversa tutta la sua produzione: la sua pittura non si lascia imprigionare da schemi, ma trova nell’armonia cromatica e nel ritmo gestuale la sua forza comunicativa. La leggerezza dei fiorellini rossi si intreccia con l’energia dei suoi astratti, animati dallo stesso desiderio di esprimere entusiasmo e vitalità.

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Livornese di origine e milanese d’adozione, è Professore Associato di Economia Applicata all’Università degli Studi di Milano, con un percorso di rilievo nel panorama istituzionale. Figura poliedrica e indipendente, Giorgetti unisce rigore scientifico e immaginazione visiva. Da alcuni anni si dedica con crescente passione alla pittura, dimostrando come la creatività possa dialogare naturalmente con la disciplina del pensiero economico.

Le sue tele sono vere esplosioni di colore gioioso, capaci di portare una ventata di entusiasmo contagioso. Non semplici evasioni dall’ordinario, ma spazi di rigenerazione: rifugi emozionali dove la leggerezza diventa intenzione, scelta consapevole di apertura al bello e al possibile. La sua pittura funziona come un balsamo contro i momenti grigi, una sorta di terapia naturale per chiunque senta il bisogno di positività.

In questo equilibrio particolare, le opere di Giorgetti incarnano quella che potremmo definire una “gioia strutturata”: libertà cromatica e slancio vitale convivono con un’attenzione precisa alla composizione. Energia e disciplina si intrecciano senza conflitto. La lucidità con cui l’artista affronta i complessi scenari dell’economia si ritrova trasformata in un linguaggio visivo fluido e coinvolgente, capace di rompere gli argini dell’ordinario e aprire a un altrove desiderato e condivisibile.

La pittura di Maria Letizia Giorgetti è, in definitiva, un inno alla vita: colorata, danzante, radicata nella terra e, insieme, sempre pronta a librarsi verso la luce.

Fabio Brambilla

Fabio Brambilla, aka “Fabiobram”, è nato nel 1960 a Monza, dove lavora come libero professionista. Si è appassionato al mondo artistico fin da ragazzo e si è avvicinato alla pittura come autodidatta, intraprendendo un percorso di ricerca e di sperimentazione che lo ha portato ad esporre in tutto il territorio nazionale. Ha partecipato a svariate mostre, rassegne, fiere e concorsi, ottenendo sempre interessanti critiche e apprezzamenti.

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La natura e la materia sono le costanti che accompagnano da sempre il percorso artistico di Fabio Brambilla.

In una continua evoluzione, la pittura astratta, informale, gioca con i piani, volumi, profondità, forma, colore, che si amalgamano e si bilanciano in un equilibrio compositivo del tutto armonico. Un ritmo sobrio cadenza l’energia che si sprigiona da questo incontro tra il reale tangibile ed una propria concezione poetica, tra un’analisi cruda e una intima e personale intuizione, che si arricchisce via via di nuovi spunti ed elementi di riflessione.

Le ombre, le luci che emergono dalle tele evocano pianure, boschi, distese sabbiose, e ci trasportano in evanescenti e mute atmosfere. Gli spessi strati di colore, complessi e stratificati così come complessa e stratificata è la realtà, accolgono nuovi elementi, frammenti di vegetali, scoperti nella natura e sottratti al disfacimento, offerti in nuove vesti e composti in un effetto scultoreo che sprigiona una grande tensione vitale. L’impatto visivo diviene multisensoriale e l’opera dialoga imponendo la sua fisicità ed espandendosi nello spazio.

E la bellezza intrigante diviene un catalizzatore che provoca il pubblico a nuove e profonde riflessioni.

Silenziosi, muti, i cieli grigi di lamine nebbiose, gli intensi verdi del muschio, le terre lunari annerite dal fuoco o arrossate da foglie rugginose, i tronchi brulli che si accendono di colore, si oppongono risoluti ad una evoluzione distopica del nostro rapporto con il pianeta.

E’ l’amore appassionato per la natura la molla che spinge la pulsione artistica nella direzione di una irrinunciabile opera di denuncia in cui il risultato estetico si accompagna ad una forte valenza concettuale.

Novello alfiere del patrimonio naturale, erge le sue opere a vessillo di nuovi possibili corsi che possano proteggere quel sottile equilibrio così necessario e così minacciato.

IL PROGETTO NATURA

La ricerca dell’artista è rivolta alla fragile condizione dell’ecosistema nella nostra contemporaneità.

Un forte richiamo ai temi della biodiversità, ecosostenibilità, riciclo.

Le opere che costituiscono il corpo della mostra sono realizzate con frammenti di vegetali, scarti rinvenuti e riportati a nuova vita e a nuovi ruoli.

Ogni lavoro è composto da strati sovrapposti di materia di origine vegetale e naturale, trattata e lavorata con altri materiali, anch’essi di recupero, che possono essere carta, legno, stracci, polistiroli, sostanze plastiche ed infine smalti e vernici. Nascono così strutture complesse di alto impatto visivo e emozionale che assumono una forte valenza concettuale.

L’interesse dello spettatore è attratto dal fascino del colore e della forma, e la tridimensionalità materica, che suggerisce l’idea di un’esplorazione tattile, ne accresce il coinvolgimento e l’empatia dirigendo l’attenzione a più profonde riflessioni sui temi che hanno guidato tutto il processo creativo.

Opere nelle quali l’originale proposta dell’artista si accompagna ad un forte impegno sociale di sensibilizzazione del pubblico per la tutela della natura e dell’ambiente.

Maria Teresa Majoli

La poetica della materia è una costante in tutto il percorso artistico di Fabio Brambilla. La sua pittura astratta, informale, si arricchisce di nuovi elementi corporei.

Entrano in scena presenze concrete e tangibili: stoffa, colla, resine, sassi, legno.

Le molteplici variabili messe in campo si trasfigurano in un gioco sapiente tra colori, tra colore e materia, tra materia e volume. L’impatto visivo diviene multisensoriale e l’opera interagisce comunicando la sua fisicità ed espandendosi nello spazio. Gli spessi strati di colore, accanto alle inclusioni dei nuovi elementi, assumono un effetto scultoreo da cui si sprigionano le forze evocative della materia in una grande tensione vitale.

Piani, volumi, profondità, forma, colore, luce si amalgamano e si bilanciano in un equilibrio compositivo del tutto armonico. Un ritmo sobrio cadenza l’energia che si sprigiona da questo incontro tra il reale tangibile ed una propria concezione poetica, tra un’analisi cruda e una intima e personale intuizione, in una potente allegoria del grande enigma dell’esistenza.

Maria Teresa Majoli

Floriana Gerosa

Le sculture di Floriana Gerosa si distinguono per un’eleganza minimale che cattura immediatamente l’occhio e l’immaginazione. Utilizzando principalmente la terracotta, l’artista arricchisce la materia con smalti, lustri e ossidi che creano un raffinato gioco di luci e ombre. Il monocromo viene così valorizzato da patine lucide che aggiungono profondità, amplificando la percezione dei volumi e infondendo un fascino visivo unico. Ogni opera diventa uno spazio dove la luce danza sulla superficie, donando all’oggetto una vitalità cangiante che attira e trattiene lo sguardo.

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L’essenza delle forme di Gerosa si manifesta nella semplicità: linee sinuose, curve morbide, geometrie pulite e armoniose che esaltano il mistero insito in ogni figura. La sua capacità di evocare concetti complessi con un linguaggio visivo essenziale risiede proprio nel minimalismo, che diventa il segno distintivo del suo stile. Questa scelta stilistica le consente di creare sculture dal carattere sospeso e enigmatico, in cui pochi tratti suggeriscono una narrazione silenziosa ma intensa.

In alcune opere, Gerosa accosta alle forme principali piccoli elementi separati, come frammenti di un racconto che, pur disposti come pezzi indipendenti, creano un’unica storia visiva. Quando lavora con la figura umana, le sue sculture rappresentano mezzi busti dalle fattezze accennate e quasi appena abbozzate, lasciando spazio all’interpretazione e alla sensibilità dello spettatore. Questi volti e figure non definiti, ma densi di presenza, sono un invito a riflettere sul significato dell’identità e della memoria.

L’uso di elementi astratti e curvilinei, quasi come se fossero forme primordiali, accentua l’aspetto universale e simbolico, stimolando una sensazione di armonia e introspezione.

In altre opere, l’artista si allontana dalla figurazione e abbraccia una dimensione più astratta: forme sinuose che sembrano appartenere a una natura ideale. Queste sculture astratte, pure e armoniose, suggeriscono un movimento silenzioso, una danza di forme che ricorda le onde dell’acqua o il soffio del vento. Floriana Gerosa riesce così a distillare un’essenza che va oltre la rappresentazione, toccando una verità interiore fatta di semplicità e bellezza.

Maria Teresa Majoli, novembre 2024

Fabrizio Giorgi

Fabrizio Giorgi

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Fabrizio Giorgi, artista livornese nato nel 1953, è una figura poliedrica e instancabile, attiva sin da giovanissimo. Nel corso della sua carriera ha partecipato a numerose mostre personali e collettive, fiere e rassegne di rilievo, distinguendosi per una produzione ampia e sempre in evoluzione. La sua ricerca attraversa linguaggi diversi – pittura, scultura, assemblage – mantenendo però un tratto inconfondibile: curiosità, energia e una fantasia visiva che sa trasformare ogni materiale in narrazione.

La sua opera si articola in cicli distinti, ognuno con una poetica precisa. Nei lavori realizzati con legni riciclati, l’artista ridona vita a frammenti trovati, trasformandoli in barche, paesaggi e costruzioni immaginarie che conservano la memoria della materia. Nella serie dedicata ai metalli, sagome e lamiere diventano animali di uno “zoo fantastico”, ironico e vivace, dove ogni figura sembra emergere da una favola contemporanea.

Con le sue tele estroflesse, Giorgi esplora invece la tridimensionalità della superficie pittorica, creando veri e propri codici a barre che alludono a letture nascoste e significati stratificati. Le opere della serie “Strutture Spaziali” rappresentano un’altra svolta del suo percorso: pitture astratte dal segno netto, forme pulite e una palette raffinata che conferisce eleganza e ritmo alla composizione.

Accanto a queste ricerche, Giorgi non rinuncia al gioco e alla leggerezza. Nei suoi “segni arcaici” del 2025, forme pop e archetipi visivi si fondono con il suo tratto personale, dando vita a opere fresche e vivaci. Una presenza ricorrente è il suo cavallino, simbolo affettuoso e immediatamente riconoscibile, che attraversa i suoi lavori come un filo narrativo.

Fabrizio Giorgi è un artista che ha fatto della versatilità la propria cifra: ogni ciclo è un mondo a sé, ma tutti parlano la lingua della creatività e di una visione che sa reinventarsi senza mai perdere autenticità.

LA NUOVA RIFLESSIONE DI GIORGI: TRA IDENTITA’ E ARBITRIO

L’ultimo progetto di Fabrizio Giorgi nasce da una sua nuova riflessione sul mondo, sui suoi problemi identificativi, sui suoi metodi di catalogazione e sui valori messi in forse della libertà e dell’autonomia personale dell’uomo. La riflessione da parte di un artista può essere una fase preparatoria, speculativa, ma non può non trovare una propria linea d’espressione, una modalità figurale o simbologia attraverso cui esercitare la propria dialettica e tradurre le proprie motivazioni concettuali. Nello stesso tempo l’artista contemporaneo, consapevole della propria contemporaneità, non può ignorare, nel trasferimento del concetto, il contesto, le ritualità, le operazioni che caratterizzano la struttura della società. Ad esse, dunque, deve riferirsi per rendere intelligibile e proprio il suo progetto, prima di dotarlo di quell’opportuna aura di artisticità che gli conferisce potenza e profondità.

Per la sua nuova avventura artistica Giorgi ha scoperto un soggetto particolare, con una sua precisa individualità formale e, al contempo, si presta ad essere il riferimento metaforico di tutta una serie di concetti e di problematiche che nutrono uno scenario artistico di elevata significatività: questo soggetto, estratto dalla più comune e consueta quotidianità e il codice a barre, comunemente utilizzato nella catena distributiva e in quella di catalogazione per attribuire identità, riconoscibilità e classificabilità a oggetti, documenti o altro. Il codice a barre è al tempo stesso un importante strumento d’ordine e un pericoloso elemento d’inquadramento e di prevaricazione: come quasi tutte le componenti della vita. Al codice a barre l’artista contemporaneo, non soggetto ai canoni classificatori tradizionali, può accostarsi con un atteggiamento interlocutorio, d’investigazione, per estrarre da esso il senso funzionale, ma anche gli aspetti formali, e per costruire un edificio complesso, articolato, ricco di aperture innovative.

Occorre anzi tutto sottolineare che questa intuizione di assumere i codici a barre a elementi simbolici, a metafora della condizione umana, non è conquista recente: già negli anni ’90 del 1900 l’artista era stato attratto da queste icone della contemporaneità e aveva fatto di loro i soggetti di alcune opere, riproducendole da etichette (ad esempio di Coca Cola) ed assumendole come elementi formali artisticamente interessanti. E non era, risolta in questo modo, un’idea particolarmente innovativa.

Bruno Sullo

Anna Maria Laurenti

Anna Maria Laurenti

Mosaici luminosi in galleria

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Le opere di Anna Maria Laurenti sono vere e proprie finestre su mondi luminosi e incantati, dove il mosaico di vetro su vetro diventa un linguaggio poetico capace di fondere luce, colore e immaginazione. Le sue lampade e i suoi quadri-mosaico non sono semplici oggetti d’arredo, ma creazioni uniche che trasformano lo spazio, evocando emozioni di gioia, serenità e speranza. La sua tecnica, raffinatissima, conferisce alle immagini un’aura sospesa tra sogno e realtà.

Appassionata sin da giovane di arti grafiche e design, Anna Maria Laurenti si laurea in Architettura al Politecnico di Milano nel 1989 e intraprende la professione di architetto. Parallelamente, a partire dal 1991, approfondisce da autodidatta diverse tecniche di lavorazione del vetro: mosaico su vetro, vetro piombato, tiffany e altri procedimenti artigianali.
Negli anni sceglie di concentrarsi soprattutto sul mosaico di vetro su vetro e, in particolare, sul micro mosaico, che le offre una straordinaria libertà compositiva, sia nella dimensione delle tessere sia nella possibilità di integrare materiali differenti.

Dal 1994 realizza vetrate, lampade e complementi d’arredo – sempre pezzi unici – che inserisce direttamente nei suoi progetti architettonici. Nel 1998 espone al Castello di Belgioioso (PV) nelle mostre “Una coperta per l’inverno” ed “Estate”.

Dal 2002 collabora con il maestro legatore Fabrizio Bertolotti e partecipa con lui a quattro concorsi di Rilegatura d’Arte, curando il design delle copertine e realizzando personalmente le parti in mosaico di vetro. Due dei libri presentati ottengono premi per originalità e qualità della composizione. Il suo lavoro viene riconosciuto anche nelle Biennali Mondiali de la Reliure d’Art del 2005 e del 2007, con ulteriori opere premiate.

Dal 2014 sviluppa diverse collezioni tematiche:

  • “Come ti vedo”, dedicata alla bellezza fisica e interiore delle persone che la circondano.

  • “Fiabe”, ispirata a racconti meno conosciuti, imprevedibili e suggestivi.

  • “Icons”, un omaggio ai grandi miti della musica e della cultura contemporanea.

Nel 2017 è finalista alla sesta edizione de La Quadrata con l’opera Laura – il suo lato adolescente, da figlia dei fiori. In seguito partecipa alla seconda edizione di Arte Salerno, ottenendo una recensione positiva dalla commissione curata da Jean Blanchaert, Federico Caloi, Rosario Sprovieri e Rosita Taurone.
Nel 2018, con Impermanenza dedicato a David Bowie, vince il Premio della Critica ad Arte Milano per la sezione “tiffany”.

Il lavoro di Anna Maria Laurenti coniuga artigianalità, sensibilità architettonica e una poetica della luce: ogni tessera è un frammento di storia che, nella composizione finale, diventa emozione pura.

Ogni pezzo di Anna Maria Laurenti, sia esso una lampada, una vetrata o un complemento d’arredo, è un invito a vivere con occhi nuovi, a guardare il mondo con maggiore dolcezza e a lasciarsi affascinare dalla bellezza e dalla poesia che la luce sa donare. La perfezione tecnica del mosaico, unita alla sua capacità di evocare emozioni, rende le sue creazioni irresistibili, opere che non solo arredano, ma arricchiscono l’anima.

Cinzia Del Bubba

Cinzia Del Bubba nasce a Livorno negli anni Sessanta. Dopo studi umanistici – intrapresi nonostante un forte desiderio di dedicarsi all’arte – approfondisce la grafica, diplomandosi negli anni Ottanta. La sua formazione prosegue presso la Sagit Film di Livorno, dove lavora come supervisore del colore nei processi di produzione dei cartoni animati: un’esperienza che affina lo sguardo, la sensibilità cromatica e la precisione tecnica.

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Non ha mai smesso di disegnare e dipingere, trasformando in supporti artistici gli oggetti più diversi: dalle sedie recuperate ai vassoi, fino alle superfici tradizionali.
Appassionata di estetica vintage, attinge liberamente al mondo della grafica e della cultura visiva del Novecento, rielaborandola con un approccio personale che unisce ironia, freschezza e una grande vitalità cromatica. La Pop Art – e in particolare Andy Warhol – rappresenta per lei un riferimento costante: un linguaggio leggero e immediato, ma capace di raccontare mondi, memorie e simboli della quotidianità con un tocco contemporaneo.

Rosella Bessi

Rossella Bessi nasce a Livorno l’11 marzo 1984. Laureata in Scienze Pedagogiche e specializzata in Coordinamento Pedagogico, porta nel suo lavoro di educatrice una profonda attenzione al valore della creatività, intesa come strumento essenziale di crescita, sia per il bambino che per l’adulto.

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Autodidatta, sin da piccola manifesta un forte talento artistico, ma è nel 2008 che decide di dedicarsi con continuità alla pittura, sperimentando con passione tecniche, materiali ed espressività. Per Rossella l’arte è un gesto che lei definisce “neuroecologico”: un modo per trasformare emozioni e vissuti—anche quelli più complessi—e restituirli su tela o su supporti digitali in una forma nuova, vitale e liberatoria.

Il suo linguaggio visivo combina elementi che richiamano il graffitismo urbano con una solida capacità tecnica. Campiture di colore piatto e incisivo, linee nette e forme essenziali generano immagini sospese tra il surreale e il simbolico, dove l’accostamento di elementi incoerenti diventa una metafora della complessità della realtà.

Dopo aver vissuto tre anni in Australia e aver viaggiato a lungo nel Sud-Est Asiatico, la sua ricerca si arricchisce di nuove suggestioni culturali e visive. Esperienze che, pur rallentando temporaneamente la produzione, hanno ampliato la densità simbolica del suo immaginario, lasciando tracce profonde nella sua evoluzione stilistica.

In galleria è presente una collezione dedicata alle sue opere digitali, nate da un gesto istintivo e da una visione interiore. Non sono immagini progettate a tavolino: emergono durante momenti di vita quotidiana, passeggiate, sospensioni di silenzio. Rossella le fissa sul tablet come fossero appunti emotivi, trasformandoli in composizioni intense e immediate.

Nel digitale trova un mezzo libero e spontaneo: forme essenziali, tratti decisi, colori vibranti. Ogni opera diventa un piccolo viaggio psicologico, un pensiero che prende forma, un’emozione che si scioglie attraverso il disegno. La sua ricerca non mira alla perfezione tecnica, ma all’autenticità del segno, alla verità di un gesto che nasce da dentro.

Valeria Cipolli, in arte Velimna

Valeria Cipolli, in arte Velimna è un’artista toscana, “Etrusca della Costa”, come ama definirsi.

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Nata a Livorno nel 1984, ha scelto il nome d’arte “Velimna” in omaggio alle sue radici etrusche. Disegna e dipinge da sempre: dai ritratti a carboncino è passata a colori puri e vivaci, spesso dominati dall’azzurro.

Le sue opere surreali raccontano il femminino attraverso le “Fanusie”, donne bianche immerse in mondi onirici, accompagnate dai “Truscoli”, piccoli esseri dal fascino orientale. L’attenzione è rivolta agli sguardi e alla loro capacità di comunicare emozioni. Nei suoi dipinti ricorrono elementi simbolici: bicchieri, tazze, strumenti musicali e colli che diventano il fulcro della narrazione, formati da oggetti, fiori o altri elementi evocativi.

Il suo stile, ironico e introspettivo, trasfigura la realtà in chiave surrealista, tra suggestioni musicali e poetiche.

La fusione tra pittura e scrittura è una costante nel suo percorso artistico. Tra gli altri ha pubblicato il libro di poesie “Ti stappo gli occhi” , “La bambina con l’ombelico di perla”, con “Abrapalabra” è stata candidata al Premio Strega Poesia 2024, e il suo ultimo lavoro, “I colori parlano tutte le lingue?”,   esplora ulteriormente il legame tra parola e immagine.

Maria Teresa Majoli, febbraio 2025