Rachele Carol Odello

Pittrice e scultrice, scrittrice, attrice, Rachele Carol Odello è nata a Livorno nel 1974

Ha studiato al Liceo Artistico “Cecioni”, e, figlia d’Arte, la madre grafica e scultrice, acquisisce i rudimenti artistici fin dall’infanzia. Ogni angolo di casa ha il tocco artistico della madre, dalla cartapesta nella vasca da bagno per creare qualche scultura alle bambole fatte a mano per lei e i fratelli.

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Ha vissuto in Inghilterra quasi 4 anni ed ha cominciato ad esporre. Ha continuato la formazione presso la fondazione “Trossi Uberti”, dove è stata allieva del maestro Y. Hidalgo, e presso la Fucina d’ Arte col maestro A. Foschini. Si è poi appassionata alla scultura pendendo lezioni dal maestro Paolo Grigo’.

Scrive storie e le mette in scena. Ha conseguito il diploma di teatro triennale presso la scuola “Laura Ferretti, Centro artistico il Grattacielo”, Livorno. Nelle opere traspare la teatralità e l’amore per la poesia.

Scrive anche racconti per bambini, passione che ha coltivato dall’infanzia.

Il luogo di provenienza dei genitori, la Sardegna e il Sud Africa lasceranno tracce in tutto il suo percorso di ricerca.

Appassionata della vita e del colore, attraverso la sofferenza in seguito alla malattia della madre, ha maturato un’attenzione per i temi sociali e spirituali.

Negli ultimi anni ha moltiplicato le sue esposizioni, in Italia e in Israele,  e accresciuto il numero delle sue pubblicazioni, tra le quali “Astri e astrologia biblica”

“Perche? ho scelto come nome d’arte Seventeen ovvero il numero 17 ?

Beh, sono nata il giorno 17 e fin da piccola mi sono imbattuta nella paura collettiva nei confronti del 17. Ma ogni volta che chiedevo spiegazioni nessuno lo sapeva. …

Didier Goguilly

Didier Goguilly

Pittore, disegnatore, fotografo, è nato a Besançon nel 1966 e vive e lavora a Pau.
A diciotto anni, dopo aver conseguito il diploma di ebanista, che già richiede una buona base di disegno, inizia a dipingere. Siamo nel 1985 e Didier entra alla scuola d’arte, prima a Mâcon e poi a Besançon, lasciandosi influenzare da Cremonini, Corot, Courbet, Balthus, Hopper, Bonnard, Richter, Debre e molti altri. Negli studi è allievo di Joël Desbouiges, Georges Oudot, Jens Boettcher, Jean Ricardon e di Jean-Marc Scanreigh.
Dopo il diploma lascia Besançon per stabilirsi a Pau e qui, per un gioco di situazioni e per l’influenza del paesaggio, la sua pittura si libera, si emancipa e prende una nuova direzione.

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Ancorato alla figurazione, la sua pittura scava, scandaglia i concetti ne sono alla base, un lento lavoro che si sviluppa nel tempo in varie serie di opere.

La sua attività trova oggi un complemento nel trasmettere la sua esperienza di artista sia attraverso i corsi che si svolgono presso il suo atelier che attraverso interventi nei musei, nelle scuole etc.

Per citare Michel Pagnoux a proposito del suo lavoro e della sua ricerca “La guida del colore è sicura, efficiente, serrata”, o ancora Joël Desbouiges « La costruzione pittorica del lavoro di Didier sottolinea il silenzio, l’assenza,  che resta il vero soggetto che ci rivelano le luci violente mentre dialogano con l’”oggetto” scelto”

“L’illusione, alla base delle mie esigenze, mi libera e mi permette di vivere il mondo, di esplorarlo, di goderne”.

Le pitture che sono in galleria fanno parte di questo filone. Si collegano al tema “sonno ed illusione” che può trovare un legame con l’onirismo, un lavoro sull’immagine, il tema e la realtà.

Pascale Morel

Pascale Morel è un’artista francese che vive e lavora tra Troyes e Parigi. Formata all’École Municipale des Beaux-Arts di Troyes e all’atelier Met de Penninghen – Académie Julian di Parigi, ha esercitato per oltre un decennio la professione di psicoanalista, esperienza che ha profondamente influenzato il suo approccio pittorico. La sua ricerca si concentra sull’uso dei colori della terra e del sangue – marroni polverosi e rossi profondi – per imprimere volti, emozioni e anime direttamente sulla tela. Nei suoi lavori emergono la sofferenza, la morte e l’espansione dell’anima, elementi che si fondono con la materia, creando opere drammatiche, intense e di grande bellezza, capaci di comunicare una connessione profonda con l’universo e con la condizione umana.

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 “ Cosa mi dice la pittura: paesaggi informali o luoghi d’origine della pittura? Dipingo sulla tela perché la superficie delle caverne è rara oggigiorno. Mi sforzo, sull’orlo dell’abisso. Penso in tutta imbecillità, dentro un non-sapere. Devo senza posa perdere, spogliare, allarmare, risvegliare. Costruire, disfare. C’è una spinta, la percezione cercata di un legame con l’universo, la materializzazione  di una diversità, l’estrapolazione, la vertigine.

Il tema iniziale, il paesaggio, fu senza dubbio un pretesto per partire. Lotto contro la volontà del tutto cosciente di esprimere un’emozione, uno stato d’animo. Ho un bisogno folle d’inventare, dolce pazzia o orgoglio smisurato?

Mi pare che la pittura debba grattare la superficie e condurre irresistibilmente all’origine della creazione stessa.

Luogo di smarrimento voluto, un precipitare in uno spazio aleatorio, ove talvolta emerge un tramite, una passerella, il luogo abitato-disabitato che collega l’uomo all’universo.

La pittura, soglia tra la solitudine e l’incontro, è più che mai un atto di amore e di resistenza.  La pittura mi ha coinvolto. E’ la mia pelle e in essa ora cerco il corpo. ”

Yvana Duchene

Yvana Duchene vive e lavora a Biarritz. Si è formata alla celebre École Nationale Supérieure Des Beaux-Arts  di Parigi. Nel 2012 ha ottenuto il prestigioso premio della Biennale Goiart Ordizia.

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Il suo lavoro si ispira direttamente alla pittura espressionista austriaca e tedesca. Da qualche anno la sua pittura si è concentrata sul volto e sullo sguardo, alla ricerca di una via per rappresentare forti passioni ed emozioni, se non la follia.

Alla galleria Il Melograno saranno esposti alcuni lavori che appartengono al ciclo  ”Welcome in Wonderland”.

Sono volti particolarmente intensi  dagli occhi indimenticabili nei quali qualche goccia di azzurro crea una luce drammatica nel  gioco del bianco e nero.

Richard Tisserant

L’opera di Richard Tisserant colpisce per l’inquietudine silenziosa che emana da questa figura ibrida, a metà tra umano e bestiale. Sul corpo incerto e deformato, privo di braccia e terminante in tre dita massicce, si posa un volto segnato da un’angoscia struggente.

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Linee sottili tracciano l’immagine, mentre delicate pennellate grigie ne rafforzano il dramma. Lo sguardo, che riflette una tristezza indifesa, è distolto, come se questo essere cercasse di sfuggire alla propria realtà, incapace di trovare un appiglio nel mondo circostante.

La figura sembra una creatura di altri tempi e di nessun luogo, incarnazione di una fragilità che va oltre il mostruoso, che si fonde con l’umanità in un grido silenzioso. Nell’assenza di proporzioni e nella tensione degli occhi, si cela la condizione eterna dell’essere umano: la lotta contro i limiti del corpo e le sofferenze dell’anima, la resistenza di chi, pur segnato da deformità e disillusione, sembra cercare con infinita speranza un senso nel buio.

Daniel Williams

Daniel Williams, nato nel 1988 a Brooklyn, New York, è un artista espressionista che lavora con disegno, scultura e stampa. Le sue opere esplorano creature immaginarie, chimere e danze macabre, evocando mondi surreali e intensamente emotivi.

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I disegni preparatori, realizzati su carte scure o marroni con fusaggine e tocchi di gesso bianco, accompagnano le sculture di grande impatto, ma si sostengono perfettamente anche da soli come opere autonome. Formatosi alla Lorenzo de’ Medici School di Firenze, alla Kutztown University e alla New York Academy of Art, Daniel combina tecniche classiche e contemporanee, dando vita a un linguaggio visivo potente e unico.

Aurore Lephilipponnat

Aurore Lephilipponnat è una giovane artista francese, nata nel 1983 a Trans en Provence

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Con questa parole descrive se stessa e il proprio lavoro:

“Noi siamo il frutto dei nostri incontri, di ciò che ci interessa, ci ispira, ci spiace. Siamo la somma di tutte le cosa che si accumulano nella nostra vita. E così produciamo e riproduciamo l’insieme degli elementi di cui siamo imbevuti.

In questo lungo cammino che è l’esistenza, il pennello mi è venuto incontro come strumento di espressione, di dissezione, di contemplazione del mondo che mi circonda. Una barriera tra il reale e l’immaginario, uno scudo contro la violenza, la brutalità, e ogni sorta di colpi che si piantano come coltelli nella fragilità dell’ anima.

Ogni cosa che si apre alla vita, torna alla terra, all’humus,  e restituisce il suo mantello di piume,  adorno di ori e maschere grottesche, alla Terra fonte originale della vita stessa.  Le vene sulle mani sono reti grondanti filamenti organici e spugnosi, nelle quali l’inchiostro diviene padrone.  Lasciarsi andare, in una rapida occhiata alla natura della vita : incostante, vera, pura, incontrollabile.

Così la pittura è una via di fuga dalla sofferenza, una negazione dell’apparire, una protezione, una copertura, una alcova amniotica, una introspezione nell’intimità dell’Io, uno sguardo contemplativo dal profondo verso ciò che sta fuori.

Le mie opere si esprimono in sintonia con la danza Butoh, fonte di ispirazione, nel tentativo di combinare la cognizione della caducità del corpo nell’ inevitabile  invecchiamento, la natura umana posta di fronte alla sua impermanenza e a tutta la bellezza dello spirito.”

Aurore Lephilipponnat

Marco Colella

Marco Colella (Firenze, 1986) sviluppa una ricerca pittorica in cui la figurazione si intreccia con simboli, culture e immaginari diversi. La sua opera nasce da un’osservazione sensibile dell’individuo contemporaneo, colto nelle sue sfumature emotive e nei suoi slittamenti interiori. Nei lavori della serie My Generation l’artista indaga la dimensione identitaria delle giovani generazioni, restituendo volti e presenze che oscillano tra fragilità e forza, tra intimità e dichiarazione di sé.

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Parallelamente, Colella approfondisce elementi iconografici e filosofici di matrice orientale, riletti con un approccio personale e grafico che unisce gesto, segno e colore. Questa dualità – tra introspezione occidentale e spiritualità orientale – dà vita a opere che raccontano l’essere umano nelle sue molteplici direzioni, senza gerarchie ma in un dialogo continuo.
La pittura diventa così uno spazio sospeso, un territorio in cui convivono energia, delicatezza e tensione narrativa, restituite attraverso una tecnica che alterna precisione e impulso, ponderazione e istinto. Il lavoro di Colella si caratterizza per un linguaggio immediato e riconoscibile, capace di parlare a generazioni diverse attraverso un immaginario che è insieme personale e universale.

Rosanna Costa

Rosanna Costa, nata a Pontedera, è figlia d’arte: la sua prima formazione avviene in famiglia, per poi proseguire con corsi presso l’Accademia Trossi Uberti di Livorno. La sua pittura figurativa e realista è caratterizzata da un calore immediato, fatto di sfumature morbide e una cura minuziosa dei dettagli che non scivola mai nel freddo fotografico.

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I suoi mari sono carezzevoli e teneri, capaci di restituire atmosfere luminose e intime. Paesaggi, nature morte e piccoli animali — come i suoi celeberrimi gattini — diventano occasioni poetiche, immagini che invitano lo spettatore a partecipare all’emozione del momento, a sentire sulla pelle ciò che l’artista ha visto e vissuto.

Accanto alla pittura, Rosanna Costa si dedica con successo anche all’incisione, approfondendo un linguaggio espressivo raffinato e sempre riconoscibile.

Tina Vitale

Tina Vitale lavora con tecniche miste e materiali polimaterici, scegliendo di volta in volta l’elemento più adatto per dare forma alle sue visioni artistiche. Fil di ferro, rame, reti metalliche e spago si intrecciano nelle sue opere, trasformandosi in maschere di cartapesta e creazioni dense di simbolismo.

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Sperimentatrice istintiva, alterna materiali rigidi e strutturali a elementi più morbidi e modellabili, seguendo un processo di costruzione che unisce gesto artigianale e immaginazione visionaria. Tra i materiali che predilige c’è anche il fimo, che le permette di scolpire forme dal forte impatto espressivo, con richiami al surrealismo e alla dimensione simbolista.

Le sue opere evocano mondi interiori, archetipi, figure sospese tra umano e fantastico, restituendo un linguaggio plastico personale e immediatamente riconoscibile.