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Valeria Cipolli, in arte Velimna

Valeria Cipolli, in arte Velimna è un’artista toscana, “Etrusca della Costa”, come ama definirsi.

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Nata a Livorno nel 1984, ha scelto il nome d’arte “Velimna” in omaggio alle sue radici etrusche. Disegna e dipinge da sempre: dai ritratti a carboncino è passata a colori puri e vivaci, spesso dominati dall’azzurro.

Le sue opere surreali raccontano il femminino attraverso le “Fanusie”, donne bianche immerse in mondi onirici, accompagnate dai “Truscoli”, piccoli esseri dal fascino orientale. L’attenzione è rivolta agli sguardi e alla loro capacità di comunicare emozioni. Nei suoi dipinti ricorrono elementi simbolici: bicchieri, tazze, strumenti musicali e colli che diventano il fulcro della narrazione, formati da oggetti, fiori o altri elementi evocativi.

Il suo stile, ironico e introspettivo, trasfigura la realtà in chiave surrealista, tra suggestioni musicali e poetiche.

La fusione tra pittura e scrittura è una costante nel suo percorso artistico. Tra gli altri ha pubblicato il libro di poesie “Ti stappo gli occhi” , “La bambina con l’ombelico di perla”, con “Abrapalabra” è stata candidata al Premio Strega Poesia 2024, e il suo ultimo lavoro, “I colori parlano tutte le lingue?”,   esplora ulteriormente il legame tra parola e immagine.

Maria Teresa Majoli, febbraio 2025

Ermanno Catarsi

Ermanno Catarsi è un pittore livornese del novecento, la cui opera si inserisce nella tradizione figurativa della città. La sua pittura unisce attenzione al dettaglio e sensibilità poetica, raccontando scorci di vita quotidiana, paesaggi e nature morte con uno stile personale e riconoscibile. La luce, il colore e la composizione diventano strumenti per restituire emozioni e atmosfere che parlano della città e del territorio, con una poetica che coniuga classicità e modernità.

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Giancarlo Landi

Giancarlo Landi (Livorno, 1943) si è formato presso l’Istituto d’Arte A. Passaglia di Lucca. La sua pittura figurativa celebra gli scorci e le marine della città natale, con uno sguardo attento alla luce, filo conduttore della sua opera. La sua pittura unisce poesia e carattere, restituendo la vitalità del paesaggio livornese con eleganza e sensibilità, nel solco della tradizione figurativa toscana.

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Giuseppe Cavallini

Giuseppe Cavallini

Livorno, 1916 – 2000

Nella tradizione labronica, la pittura di Giuseppe Cavallini si caratterizza per una pennellata viva e fresca, a briglia sciolta.

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Giuseppe Cavallini, nato a Livorno nel 1916, ha trascorso tutta la sua vita lavorando e vivendo in questa città. La sua carriera artistica inizia nel 1949 con la pubblicazione di alcune illustrazioni su un periodico d’informazione degli operai del cantiere navale di Livorno, dove lavora come operaio. Da questo ambiente Cavallini trae la sua prima ispirazione artistica e ottiene i primi riconoscimenti a livello nazionale.

Cavallini ha ricevuto numerosi premi tra cui il premio Modigliani nel 1956, il premio Seravezza nel 1959, il premio Città Marina di Ravenna e il premio Golfo del Sole di Follonica nel 1963, il Premio Casale di Monferrato nel 1965 e il premio “Paesaggio del Garda” nel 1966, oltre ad altri.

Ha partecipato a diverse mostre sia in Italia che all’estero, tra cui alla Galerie International des Musee de Beaux Arts, alla Galerie Temple des Art di Vienne (Lione) e alla Galerie Internationale di New York.

Molti critici, tra cui Guttuso, Treccani, Carrà, De Grada, Trombadori, Loffredo e Giovanni March, hanno elogiato le opere di Cavallini legate al realismo socialista e alla pittura figurativa in generale. Ha fatto parte di giurie qualificate e le sue opere sono presenti in importanti collezioni sia private che pubbliche. Nel 1975, Cavallini è stato nominato Accademico benemerito dall’Accademia Universale G.Marconi di Roma.

 

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Aldo Mazzi

Aldo Mazzi è nato a Livorno nel 1937. La sua pittura si inquadra nella tradizione macchiaiola e post-macchiaiola, interpretata con freschezza e misura. I suoi paesaggi, resi con pochi tratti essenziali, colpiscono per la delicatezza del colore e per l’intensità poetica che trasforma ogni scorcio in un momento di contemplazione. Attraverso un linguaggio sobrio e luminoso, Mazzi rinnova la lezione dei maestri livornesi, mantenendo viva una pittura di luce e sentimento che appartiene profondamente alla storia artistica della città.

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Gino Fiorini

Nato a Livorno nel 1920 e scomparso nel 2005, Gino Fiorini appartiene alla tradizione pittorica post macchiaiola. La sua pittura, dai tratti semplici e dai colori chiari, onora la scuola livornese con una sensibilità classica e sincera, capace di restituire atmosfere quotidiane e paesaggi dal respiro limpido. Nel solco della lezione dei maestri toscani, tra cui Giovanni March, Fiorini mantiene viva una pittura di equilibrio e luce, radicata nel territorio e nella memoria della città.

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Mario Bencini

Nato a Livorno, Mario Bencini ha intrapreso il suo percorso artistico nel 1979, collocandosi nella tradizione pittorica livornese con una tavolozza inconfondibile. I suoi colori, brillanti e solari, danno vita a opere luminose che trasmettono emozioni profonde. Attraverso ogni pennellata, Bencini non dipinge solo paesaggi e fiori, ma lascia impresso anche un frammento della sua anima. Le sue campagne, marine e distese di fiori sono un inno alla bellezza della natura, tradotta in una gioia di colori che avvolge lo spettatore

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Giuseppe Geloso

La pittura di Giuseppe Geloso nasce da una tradizione visiva fortemente radicata nel territorio – la lezione dei macchiaioli e post-macchiaioli livornesi – e la porta in una dimensione personale, riconoscibile, tutta contemporanea. Il suo è un linguaggio figurativo saldo, che rifugge l’ostentazione cromatica e preferisce una tavolozza “vigorosamente delicata”: un ossimoro che ben descrive la sua capacità di tenere insieme forza pittorica e armonia, struttura e poesia.

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Nei quadri di Geloso troviamo scorci urbani e architetture vissute, muri segnati dal tempo, facciate scrostate, mattoni che parlano. Ma la loro immobilità è spesso infranta da una presenza viva, rigogliosa, inattesa: un’esplosione di bouganville, un cespuglio fiorito che irrompe con naturalezza e grazia. I colori, pur vividi, non sono mai artificiali: mantengono quella verità cromatica che solo la luce vera – e la pittura sapiente – sanno restituire. Così, l’ocra e i bruni si alternano a porpora e verdi intensi, in un equilibrio che non si lascia mai andare all’effetto, ma cerca sempre l’autenticità della visione.

E poi l’acqua. A Livorno, elemento fondante del paesaggio, nei suoi canali e nelle sue darsene. In Geloso, l’acqua si fa turchese, ma di un turchese tutto suo: un colore che non imita, ma interpreta. Questo turchese non è solo una scelta estetica: è simbolo di una luce interiore, di una vitalità che emerge proprio là dove meno la si aspetta. Dai canali torbidi, dai muri segnati, Geloso estrae bellezza. La isola. La conserva. La restituisce a chi guarda.

La sua pittura non è nostalgica, non cerca l’effetto cartolina. È invece una pittura del presente, che guarda al passato per coglierne le tracce, per proteggerle, per raccontarle in un tempo che tende a dimenticarle. Così Livorno diventa simbolo di ogni città in trasformazione, metafora di ciò che scivola via, mentre il pennello di Geloso si fa strumento di memoria e di riscoperta.

Autodidatta, nato e residente a Livorno, Giuseppe Geloso è un artista che ha saputo costruire un proprio sguardo, senza orpelli e senza forzature. La sua mano è sicura, il suo gesto pittorico è diretto, fresco, sempre misurato. Dietro ogni sua tela c’è un invito a rallentare, a guardare meglio. A ritrovare, negli angoli più silenziosi delle nostre città e delle nostre vite, qualcosa che ancora sa commuovere.

 

Maria Teresa Majoli, luglio 2025

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