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Marcantonio Mancini

La pittura di Marcantonio Mancini si muove nel territorio dell’astrazione concettuale, con un linguaggio essenziale ma intensamente concentrato. Uomo di cultura, amante dell’arte, della letteratura e della musica, porta sulla tela una sensibilità raffinata e un gusto estetico profondo, costruito nel tempo attraverso ascolto, studio e visione.

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Nel suo lavoro l’astrazione non è mai casuale: ogni segno e ogni equilibrio cromatico sembrano rispondere a una necessità interiore, a un’urgenza di ordine e di chiarezza. La superficie pittorica diventa così il luogo in cui l’artista raccoglie e restituisce il meglio della propria energia creativa, trasformando l’esperienza personale in una forma visiva intensa e misurata.

Un’opera che testimonia una ricerca sincera, capace di unire rigore concettuale e profondità emotiva.

Alessandro Andreuccetti

Alessandro Andreuccetti nasce nel 1955 a San Gimignano, città nella quale vive e lavora tuttora. Dopo gli studi d’Arte e Architettura svolti a Firenze, intraprende un percorso artistico personale che lo porta a indagare costantemente il rapporto tra forma, colore e percezione della realtà.

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La sua pittura nasce da un’osservazione attenta del mondo: la figura umana, le città, la natura sono per lui punti di partenza, occasioni di studio e riflessione. Tuttavia, ciò che maggiormente lo interessa non è la semplice rappresentazione del soggetto, quanto la relazione profonda che si instaura tra le forme e i colori di ciò che osserva. Questa relazione si trasforma, attraverso un processo lento e meditato, in una visione personale, filtrata dalla sensibilità e dall’esperienza dell’artista.

Ogni opera ha una propria gestazione: immagini, parole, musica possono diventare la scintilla iniziale. Andreuccetti dedica molto tempo alla progettazione del dipinto, studiando schemi compositivi, equilibri cromatici, punti di forza e zone di silenzio. Appunti, schizzi, prove di colore e scomposizioni del soggetto accompagnano questo processo, che può durare giorni o settimane, fino al momento in cui la pittura prende forma con naturalezza e continuità.

Forma, colore e texture costituiscono l’ossatura delle sue immagini, che l’artista definisce vere e proprie visioni o sogni: immagini che nascono prima nella mente e solo successivamente si trasferiscono sulla tela o sulla carta. Attraverso la pittura, Andreuccetti isola ciò che percepisce come l’anima del soggetto, ne coglie le forme primarie, i colori essenziali, le luci e le ombre, fissando quell’attimo sospeso in cui la realtà sembra rivelare se stessa.

Paola Vallini

Paola Vallini, artista toscana attiva dalla fine degli anni Ottanta, porta avanti dal 1989 una ricerca pittorica vitale ed eclettica. Ama esplorare temi e materiali diversi, lasciando emergere la forza del segno, il colore pieno e una visione del mondo che attraversa cicli e stagioni creative.

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Nel corso della sua carriera ha esposto in numerosi spazi pubblici e privati in Toscana e in Italia – da Palazzo Datini a Prato ai Magazzini del Sale di Siena, dalla Chiesa della Spina di Pisa al Palazzo Pretorio di Volterra – partecipando anche a progetti culturali internazionali come Small Art Works in Giappone. Le sue opere sono state presentate in rassegne dedicate all’arte contemporanea, omaggi musicali e collettive tematiche, entrando anche in collezioni istituzionali. Hanno scritto di lei critici come Dino Carlesi, Ilario Luperini, Nicola Micieli e Giuseppe Cordoni. La sua pittura, sempre in movimento, restituisce emozioni, memorie e passaggi interiori con uno stile personale e immediato.

Giacomo Vaccaro

Giacomo Vaccaro (Sassetta, 1953) è un pittore profondamente legato alla tradizione figurativa toscana. Fin da giovanissimo mostra una naturale inclinazione per il disegno e il colore, che lo porterà a formarsi all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Qui entra in contatto con il Maestro Pietro Annigoni, che gli trasmette una conoscenza diretta dei segreti della pittura classica, in particolare del ritratto.

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Stabilitosi poi a Livorno, Vaccaro incontra due figure decisive: Ferruccio Mataresi, suo vero punto di riferimento, e Giovanni March. Con loro approfondisce quella pittura solida, luminosa e istintiva che caratterizza la scuola labronica, proseguendo una tradizione che comprende nomi come Natali, Filippelli, Romiti, Lomi, Rontini e Michelozzi.
Livorno diventa per lui più di una città: un ambiente da cui assorbe carattere, ritmo e umanità, qualità che ritroviamo anche nella sua tavolozza.

Pittore rapido e sensibile nel dipingere dal vero, Vaccaro sa cogliere le variazioni della luce, le atmosfere che cambiano, gli scorci che vibrano di vita. I suoi paesaggi – come quelli presenti oggi in galleria – raccontano una Toscana intima e autentica, fatta di mare, venti leggeri, colline e silenzi, sempre con un equilibrio naturale tra osservazione e emozione.

La sua ricerca è stata arricchita da numerosi viaggi in Europa e nel Mediterraneo, che gli hanno ampliato lo sguardo senza mai allontanarlo dal senso di appartenenza alla pittura del suo territorio.
Oggi Vaccaro continua a vivere e lavorare a Livorno, portando avanti una visione pittorica fedele alla tradizione ma sempre vibrante di immediatezza.

Gravante (Zeno Travegan)

Zeno Travegan è l’anagramma di Enzo Gravante (1962). Ora si firma solo GRAVANTE.
Dipinge dalla metà degli anni ‘80. Ha due cicli pittorici: acciughe ed astratto.

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E’ stato un giornalista professionista per 25 anni occupandosi prevalentemente di cultura e spettacoli (in particolare di musica). Alcune sue opere, infatti, sono dedicate alla Musica (ed al Jazz in particolare). A volte con riferimenti diretti, a volte attraverso un segno, un gesto che riecheggia nella memoria del suo passato abbinando spesso le note ai colori ed alle atmosfere musicali in genere.

Ha lasciato il giornalismo per un “disagio” interiore, per un vuoto da colmare, un sogno da realizzare, un sorriso da completare.

Dal 2021 firma i suoi lavori come Gravante, e non più come Zeno Travegan.

“Avevo scelto quella firma (anagramma di Enzo Gravante) — ha dichiarato recentemente in un’intervista – probabilmente, ed inconsciamente, perche’ non volevo lasciar andare via il giornalista coi suoi tanti anni di esperienze. Per cui mi è sembrato più consono ritornare al mio vero cognome”.

ACCIUGHE

Ha iniziato a dipingere i pesci partendo dalla metafora del silenzio, elemento fondamentale nella ricerca di un percorso in continua evoluzione, ma anche desiderio da contrapporre ai fiumi di parole spesso inutili di questi tempi.

Poi le acciughe hanno preso il sopravvento ispirandogli un piacevole coinvolgimento grazie al loro dinamismo, a quel carattere così “sfuggente” e, soprattutto, alla caleidoscopica rivelazione di mille colori e sfumature, dei riflessi veloci tra acqua e luce.

Nel ciclo “Anciue” (espressione tipicamente genovese), l’artista evidenzia ulteriormente la sua produzione caratterizzata da un vero e proprio ponte tra classicità e contemporaneità. Le sue acciughe, colorate e rilucenti, nuotano anche su uno spartito d’epoca a sottolineare che anche quei movimenti, rapidi e luccicanti, hanno un ritmo, un mood. Un costante riferimento alla musica che rappresentato il suo passato.

ASTRATTO
Per me Astratto ha un suo significato ben definito, che non è il nulla come spesso erroneamente si intende.

Una qualsiasi forma è come un monolite, qualcosa che è e sarà per sempre.
Poi vengono i colori che riflettono lo stato d’animo, le pulsioni, la luce da dare e da ricevere.
“Non mi chiedo mai cosa voglia dire un’opera astratta, semmai cosa possa dare, suggerire allo sguardo di chi la osserva. Perchè dover sempre definire qualcosa? Mi basta pensare che un colore, una sfumatura, anche un banale spigolo possa trasmettere un’emozione. Magari scavando nei meandri dei ricordi di ciascuno. E far lavorare di fantasia lo spettatore”.

Ha esposto in alcune collettive in Italia (tra cui una a Milano con Pino Pinelli e Marco Lodola) ed ha tenuto diverse mostre personali in Italia e all’estero. Suoi lavori sono in collezioni private di Milano, Roma, Miami, Parigi, Torino, New York, Chicago, Bordeaux, Lecco, Napoli, Hong Kong, Varsavia, Rimini, Palermo, Sassari, Bologna, Verona, Lucca, Pavia, Livorno, Trapani, La Spezia, Spoleto, Dublino.

Redattore, inviato di quotidiani, ha lavorato anche per il teatro, il cinema e il balletto. Ha scritto su Musica Jazz, Jazz, La Sicilia, L’Italia Settimanale, Set. Ha seguito circa 80 festivals in Italia e nel mondo, recensito dischi, scritto note di copertine. Ha collaborato per RadioDue ai testi del programma “Jazz & Image”, curato la mostra “Il jazz tra le due guerre” (Roma, Festival Internazionale del Jazz di Villa Celimontana, 92.000 presenze). Ha scritto e condotto programmi su Radio3Rai. Tra i fondatori della Società Italiana per lo Studio della Musica Afroamericana.
Nel 2004 ho scritto il libro “Paolo Fresu,la Sardegna,il Jazz”.

E’ citato sulla Enciclopedia Treccani. Vive a Lucca.

Franco Biondi

Franco Biondi (Livorno, 1932 – 1987) è stato un pittore figurativo appartenente alla tradizione livornese post-macchiaiola. La sua pittura unisce la sensibilità per la luce e il colore tipica della scuola labronica con un’attenzione al dettaglio e alla composizione.

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Oltre alle nature morte, spesso cariche di simbolismo e di atmosfere intime, Biondi ha dipinto mari poetici, paesaggi e soggetti classici, reinterpretando con delicatezza e originalità i temi della tradizione. Le sue opere mostrano un equilibrio tra osservazione realistica e un senso poetico della realtà, capace di evocare emozioni silenziose e suggestioni naturali.

Le nature morte di Biondi, come quella con tre uccellini, cartucce rosse e gialle e foglie di castagna, raccontano stagioni, rituali e la vita quotidiana con una sensibilità pittorica che va oltre il mero dettaglio, trasformando oggetti e animali in protagonisti di una piccola narrazione visiva.

Alfredo Pini

Alfredo Pini (Mirandola, 1958) inizia la sua attività espositiva nel 1985, sviluppando nel corso degli anni un linguaggio pittorico personale e riconoscibile. La sua ricerca si concentra inizialmente sulle vedute urbane: città percorse all’alba o al crepuscolo, avvolte da foschie sottili e attraversate da tram, automobili o dalla presenza affettiva e ricorrente della Vespa. Sono scenari che restituiscono atmosfere sospese, fredde e silenziose, dove la luce filtra come attraverso un velo e la memoria si intreccia alla percezione.

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Accanto al paesaggio metropolitano, Pini introduce progressivamente nuovi temi e registri visivi. Negli ultimi anni la sua attenzione si è rivolta anche alla figura umana: donne, bambini, presenze colte nella loro quotidianità o nel loro rapido passaggio, che si affiancano alle architetture come punti di riferimento emotivi. Non si tratta di una svolta improvvisa, ma di un’evoluzione naturale della sua ricerca, un ampliamento dello sguardo che gli permette di attraversare il reale in modi diversi, mantenendo coerenza di tratto e sensibilità.

La sua pittura si caratterizza per l’oscillazione tra definizione e sfocatura, per l’uso di luci che scivolano sulle superfici come pensieri in movimento e per una tavolozza che alterna toni freddi e atmosfere più calde, spesso legate agli interni, ai locali notturni, alla musica. Ogni opera appare come una tappa di un percorso personale, un modo di esplorare gli equilibri – e gli squilibri – della vita contemporanea, dal dinamismo urbano al bisogno di quiete.

Nel corso della sua carriera Pini ha partecipato a numerose mostre collettive e personali, consolidando una produzione che resta fedele alla propria identità, pur aprendosi a nuove direzioni narrative e formali. Oggi il suo lavoro continua a indagare il rapporto tra luoghi, persone e stati d’animo, invitando l’osservatore a intraprendere un viaggio che è al tempo stesso geografico e interiore.

Maria Teresa Majoli

 

Vincenzo Marino

Vincenzo Marino è nato a Napoli e vive a Genova, città nella quale è cresciuto e che oggi rappresenta il suo punto di riferimento creativo. Autodidatta, disegna e sperimenta con i colori fin da bambino, dando forma a un linguaggio espressivo personale e in continua evoluzione.

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Il suo stile affonda le radici nel mondo del fumetto e della cultura pop, ma si distingue per un taglio fortemente ironico e una spiccata capacità di osservazione della realtà. Le sue opere sono uno specchio spietato — e al tempo stesso giocoso — della società contemporanea, attraversate da un umorismo sottile che riesce a toccare temi profondi senza mai perdere leggerezza.

Con tratti netti e colori vivaci, Marino costruisce immagini accattivanti che colpiscono al primo sguardo, ma che sanno anche suggerire riflessioni più ampie. Il sarcasmo e l’ironia sono i suoi strumenti di lettura del presente, usati non per deridere, ma per svelare, smascherare, talvolta consolare. Il suo lavoro invita l’osservatore a guardare il mondo con occhi nuovi, attraverso il filtro di un sorriso che disinnesca e illumina.

Bianca Manis

Bianca Manis è una pittrice originaria di Sanremo che da molti anni vive a Livorno, una città che ha adottato come sua musa ispiratrice. 

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La sua arte è una celebrazione della bellezza naturale e della poesia che risplende nei paesaggi. La sua calda pittura figurativa si concentra sulla bellezza della natura, sulla poesia del paesaggio: marine vigorose e tramonti infuocati, cespugli fioriti e campi assolati.

Il suo tocco figurativo è caldo ed accogliente e cattura ogni dettaglio con una precisione mai fredda o distaccata.

Ciò che caratterizza l’arte di Bianca è la luce che permea ogni suo dipinto. Netta e pulita, essa crea un mondo in cui angoli romantici e dettagli suggestivi si fondono armoniosamente in una fresca atmosfera contemporanea.

Nelle sue opere più recenti, Bianca sposta l’attenzione sul paesaggio urbano.  Ci offre una visione contemporanea che si riflette sia nel taglio fotografico sia nella scelta delle situazioni.

Nei suoi quadri, Livorno prende vita: le piazze vivono con l’energia delle persone e il lungomare si anima con la quotidiana routine dei suoi abitanti. Il lavoro, la frenesia del mattino e l’irrinunciabile aperitivo diventano parte integrante delle sue opere, raccontando la bellezza nascosta nell’ordinario. I colori e le pennellate morbide e sfumate conferiscono alle sue opere un senso di caldo realismo, catturando la vita di una città in costante movimento.

Bianca Manis, attraverso la sua pittura figurativa, riesce a trasmettere non solo la bellezza della natura e dei luoghi che ama, ma anche l’anima di una comunità e delle sue persone. Il suo talento e la sua visione poetica fanno di ogni quadro un invito a riscoprire una bellezza che ancora ci circonda, colta sapientemente dagli occhi dell’artista.

Donatella Lami

Donatella Lami si distingue come acquarellista di grande talento, con una mano classica e un disegno impeccabile che riflette precisione, sensibilità e profondità emotiva. La sua pittura, talvolta estesa anche alla tecnica acrilica, dà vita a paesaggi dai toni sognanti e irreali, capaci di trasportare chi li osserva in atmosfere leggere e sospese, dove la realtà si mescola al mistero.

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Amante dei cavalli, Lami li ritrae con naturalezza e dinamismo, catturandone la grazia nei movimenti e trasformando ogni scena in un momento di poesia. La sua capacità di fondere il mondo terraneo con elementi di incanto conferisce alle opere una dimensione unica: ogni animale, ogni paesaggio, diventa simbolo di libertà e leggerezza.

I colori, luminosi e sorprendenti, dialogano con la forma e il movimento, creando composizioni in cui il sogno incontra la tecnica e la sensibilità classica si sposa con l’inventiva contemporanea. Lami invita lo spettatore a soffermarsi, a percepire il respiro della natura e a lasciarsi trasportare dall’armonia dei dettagli e dalla magia dei toni.

In sintesi, Donatella Lami offre un universo pittorico dove movimento, luce e sogno si incontrano, rendendo ogni opera non solo una raffigurazione, ma una vera esperienza emotiva. La sua arte riesce a coniugare tecnica impeccabile, eleganza narrativa e una visione poetica che rimane impressa nella memoria di chi osserva.

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