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Donatella Lami

Donatella Lami si distingue come acquarellista di grande talento, con una mano classica e un disegno impeccabile che riflette precisione, sensibilità e profondità emotiva. La sua pittura, talvolta estesa anche alla tecnica acrilica, dà vita a paesaggi dai toni sognanti e irreali, capaci di trasportare chi li osserva in atmosfere leggere e sospese, dove la realtà si mescola al mistero.

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Amante dei cavalli, Lami li ritrae con naturalezza e dinamismo, catturandone la grazia nei movimenti e trasformando ogni scena in un momento di poesia. La sua capacità di fondere il mondo terraneo con elementi di incanto conferisce alle opere una dimensione unica: ogni animale, ogni paesaggio, diventa simbolo di libertà e leggerezza.

I colori, luminosi e sorprendenti, dialogano con la forma e il movimento, creando composizioni in cui il sogno incontra la tecnica e la sensibilità classica si sposa con l’inventiva contemporanea. Lami invita lo spettatore a soffermarsi, a percepire il respiro della natura e a lasciarsi trasportare dall’armonia dei dettagli e dalla magia dei toni.

In sintesi, Donatella Lami offre un universo pittorico dove movimento, luce e sogno si incontrano, rendendo ogni opera non solo una raffigurazione, ma una vera esperienza emotiva. La sua arte riesce a coniugare tecnica impeccabile, eleganza narrativa e una visione poetica che rimane impressa nella memoria di chi osserva.

Mario Bencini

Nato a Livorno, Mario Bencini ha intrapreso il suo percorso artistico nel 1979, collocandosi nella tradizione pittorica livornese con una tavolozza inconfondibile. I suoi colori, brillanti e solari, danno vita a opere luminose che trasmettono emozioni profonde. Attraverso ogni pennellata, Bencini non dipinge solo paesaggi e fiori, ma lascia impresso anche un frammento della sua anima. Le sue campagne, marine e distese di fiori sono un inno alla bellezza della natura, tradotta in una gioia di colori che avvolge lo spettatore

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Alessia Bernardeschi

Alessia Bernardeschi – “La forza sottile”

La ricerca di Alessia Bernardeschi si concentra da anni sulla figura femminile, indagata con rigore e sensibilità attraverso acquarelli, pastelli, disegni a matita e tecniche miste. Ogni opera nasce come un dialogo intimo, un processo di scoperta che diventa narrazione universale.

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Le donne di Alessia non sono icone distanti né corpi da idealizzare: sono presenze autentiche, portatrici di una forza che si manifesta nella loro stessa vulnerabilità. Sono figure che non cercano di sedurre, ma di affermare la propria dignità. Guerriere senza armi, affrontano il mondo restando salde nella loro verità, con la fermezza di chi sceglie di non arretrare.

Nelle sue immagini, ferme eppure vibranti, emerge il momento fragile e potentissimo in cui si decide di resistere. Una resistenza che non ha bisogno di rumore, che non si alimenta di conflitto, ma che trova sostegno nella coerenza interiore.

La materia stessa diventa parte del racconto: la carta, i colori, le trame delicate si trasformano in luoghi di battaglia interiore, campi aperti dove convivono fragilità ed energia. Così, ogni opera diventa specchio di un’esperienza collettiva, un invito ad ascoltare le zone più profonde di sé.

Lo stile di Alessia Bernardeschi, sempre più personale e riconoscibile, unisce eleganza e intensità, delicatezza e rigore. Ne nasce una pittura capace di toccare corde intime senza bisogno di alzare la voce, che resta impressa nello spettatore con la forza sottile delle cose necessarie.

Maria Teresa Majoli, ottobre  2025

Francesco Manenti

Francesco Manenti – Figure sospese e tensioni interiori

Francesco Manenti, nato a Carpi nel 1974 e attivo a Modena, è un artista poliedrico che lavora tra pittura, illustrazione, teatro e circo contemporaneo. Essenzialmente autodidatta, ha sviluppato uno stile personale che unisce sospensione, empatia e metamorfosi, dando vita a opere capaci di evocare emozioni profonde più che di descrivere la realtà.

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Al centro della sua pittura ci sono spesso i cani, ma non intesi come animali domestici o gioiosi: diventano figure esistenziali, fragili e dolorose, intrappolate in dinamiche interiori che l’osservatore può riconoscere nella propria esperienza. Le loro posture e i gesti suggeriscono desideri di libertà trattenuti da legami invisibili, metafore dell’anima che cerca di liberarsi ma resta guidata e contenuta. Sono figure che chiedono attenzione, ascolto e rispetto per il loro movimento trattenuto.

Le opere di Manenti, come le serie “Strane Creature Abbandonate Richiedenti Trasformazione Interiore”, riflettono un’idea di arte che è prima di tutto empatia. La materia pittorica sfuma e accenna, creando presenze che emergono come ectoplasmi da spazi rarefatti e struggenti. La pittura non racconta in modo diretto, ma invita lo spettatore a leggere tra le righe della forma e del colore, trasformando la visione in un’esperienza interiore.

Oltre ai cani, Manenti realizza serie come le “Etere”, dove figure stilizzate e delicate si confrontano con spazi sospesi, creando narrazioni minime che parlano di fragilità, desideri e tensioni interiori. Ogni quadro diventa così un piccolo racconto umano e simbolico, capace di toccare corde profonde e universali, tra memoria, emozione e metafora.

La forza delle opere di Francesco Manenti sta nella capacità di unire sensibilità e rigore espressivo: le figure, pur essendo essenziali e sintetiche, comunicano intensità emotiva e complessità psicologica. L’osservatore viene invitato a fermarsi, a osservare e a riflettere, entrando in contatto con ciò che di più primordiale e vero ci portiamo dentro.

La pittura di Manenti non è mai decorativa: è esercizio di attenzione, ricerca di significato, invito alla trasformazione. Ogni tela, ogni figura, ogni gesto diventa metafora della condizione umana, tra fragilità e resilienza, istinto e controllo. In questo senso, l’arte di Manenti è sospensione e metamorfosi, poesia visiva che parla direttamente all’anima dello spettatore.

Anna Maria Acone

Anna Maria Acone: pittura di luce, riflessi e emozioni sul mare

Originaria di Pratola Serra, in provincia di Avellino, Anna Maria Acone vive da molti anni a Livorno, città che ispira e permea la sua ricerca artistica. Insegnante di formazione, ha sviluppato una pittura figurativa solida e raffinata, in cui la rappresentazione dei paesaggi marini e dei tramonti si fonde con una sensibilità moderna, capace di trasformare il reale in emozione pura.

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La sua produzione si concentra sul nostro mare e sulle atmosfere che lo circondano: la dolcezza delle barche, i riflessi cangianti dell’acqua, la magia dei tramonti che avvolgono tutto con calore e delicatezza. Questi elementi non sono descritti con precisione fredda o iperrealista, ma tradotti con un linguaggio pittorico che privilegia l’essenzialità e l’intensità emotiva. La luce è l’elemento protagonista delle sue tele, vissuta come un’entità viva e vibrante, capace di trasformare la scena e rivelare mondi interiori.

Attraverso l’uso sapiente della spatola, strumento che modula il colore con vibrante nitore, Anna Maria Acone costruisce paesaggi dove la luce diventa riflesso e la superficie dell’acqua specchio di sensazioni profonde. Le sue opere raccontano la poesia di una passeggiata lungo i porticcioli, l’incanto dei riflessi e il gioco dei colori che definiscono Livorno e i suoi dintorni, restituendo sulla tela non solo ciò che si vede, ma ciò che si sente e si respira.

La sua pittura si colloca con equilibrio tra la tradizione figurativa e una tensione poetica contemporanea: lascia spazio all’immaginazione, alla sospensione tra realtà e sogno, evocando un’esperienza intensa di contemplazione e presenza. Questo rende il suo lavoro non solo una resa visiva ma un invito a rallentare e ascoltare il silenzio che scorre sotto la superficie delle cose.

Nei suoi paesaggi marini Anna Maria Acone non rappresenta solo il paesaggio esteriore, ma apre finestre sul mondo interiore, restituendo atmosfere calde, accoglienti, in cui la natura e la luce si fondono in un dialogo continuo e appassionato. Un viaggio visivo ed emotivo che trasforma la realtà in poesia.

Maria Teresa Majoli, luglio 2025

Maria Irene Vairo

Sognando un Futuro Possibile: L’arte di Maria Irene Vairo

L’opera di Maria Irene Vairo si dispiega come un delicato invito a guardare il mondo con occhi nuovi, a riscoprire l’armonia nascosta sotto la superficie di una realtà spesso caotica e frammentata. Architetto di formazione e pittrice di vocazione, Maria Irene Vairo costruisce e ricostruisce visioni dove il naif incontra l’onirico, e il concettuale si intreccia con il simbolico. I suoi lavori, realizzati con colori tenui e dolcemente vivaci, creano un’atmosfera in cui la leggerezza è un veicolo per messaggi profondi, mai gridati ma sussurrati con garbo.

Attraverso tecniche miste di assemblaggio e collage, Maria Irene Vairo trasforma la tela in una finestra su mondi alternativi, suggerendo nuove vie di fuga dalla distopia contemporanea. Le sue opere non cercano lo scontro o la denuncia urlata, ma propongono con gentilezza e ironia soluzioni, visioni positive, e scenari immaginari dove la bellezza e la creatività diventano strumenti di resistenza e di rinascita. Ogni tela è una storia che si racconta con una semplicità disarmante, ma che nasconde riflessioni profonde su chi siamo e su chi potremmo essere.

Quelle che possono apparire come soluzioni bizzarre nelle sue opere non sono casuali, ma rappresentano una scelta precisa, un atto di resistenza contro l’uniformità e la mancanza di qualità che caratterizzano molti degli spazi urbani contemporanei. Con uno spirito un po’ controcorrente, Vairo reagisce al negativo del nostro tempo, offrendo una visione alternativa che sfida l’omologazione.

In un mondo che sembra soffocare sotto il peso del cinismo, Maria Irene Vairo ci dona momenti di respiro, offrendoci una pittura che è, al tempo stesso, un atto di speranza e di fiducia nel potere trasformativo dell’arte, anche rispetto ai luoghi dell’abitare contemporaneo. Le sue opere ci invitano a fermarci, sorridere e immaginare un futuro diverso, dove l’umanità riesce ancora a sognare.

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Maria Irene Vairo è architetto ed ha un particolare interesse per l’urbanistica, i contesti urbani, l’assetto del paesaggio, la progettazione di giardini.  Docente integrativa presso l’univesità degli Studi di Napoli, si interessa di pittura e scultura.

Dal 2000 ha collezionato svariate partecipazioni a mostre e rassegne, in Italia e all’estero, in paricolare a Madrid, Barcellona, Parigi, presentata da promoter e gallerie prestigiosi. E’ pubblicata su diversi cataloghi specializzati del settore, anche relativi alle sue partecipazioni alle fiere d’arte contemporanea in Italia, Bologna, Padova, Firenze.

Tra i principali premi ricordiamo:

il premio Art Paris Premio Picasso con Artetra presso Espace Thorigny Le Marais Parigi nel 2019; il premio per pittura, scultura e poesia dall’Accademia Alfonso Grassi di Salerno, 2018/2021; il premio La Quadrata 2022; il Premio Kafka 2023 per il disegno artistico.

La tecnica nell’arte di Maria Irene Vairo: tra intuizione e attesa

La tecnica pittorica di Maria Irene Vairo è un incontro tra intuizione e paziente attesa, un processo che affonda le sue radici tanto nel gesto istintivo quanto nella riflessione sul tempo. Vairo spesso inizia i suoi lavori con materiali trovati, oggetti che accumula e lascia “maturare,” aspettando il momento giusto per integrarli in un’opera. Questi piccoli frammenti, lavorati a mano o raccolti dalla sua esperienza quotidiana, entrano a far parte delle sue tele in maniera quasi spontanea, generando un dialogo tra l’elemento tattile e quello pittorico. Gli oggetti integrati nelle sue composizioni sembrano quasi sospesi, come se facessero parte di un sogno in cui il tempo e lo spazio non seguono regole fisse.

Ogni opera è il risultato di un processo creativo che si sviluppa in modo spontaneo e intuitivo, seguendo una scintilla di ispirazione, che guida l’artista verso la realizzazione di composizioni uniche e complete. Alcune opere prendono vita da schizzi preliminari, intuizioni gettate sulla carta da riportare poi sulla tela, e molte altre nascono direttamente sulla tela, frutto di un flusso creativo che si lascia sempre trasportare dall’immediatezza del momento.

I colori, volutamente sfumati e indefiniti, mescolati senza campiture definite, riflettono la complessità del mondo che ci circonda, pieno di sfumature e contraddizioni.  Anche quando i dettagli sembrano vaghi o lasciati al caso, ogni pezzo racconta una storia completa, racchiudendo in sé un frammento di realtà interpretato e tradotto dall’artista con piena consapevolezza.

Il suo lavoro sfugge a una definizione rigida, poiché ogni tela è una finestra aperta verso mondi che ancora non esistono, ma che aspettano solo di essere scoperti.

Maria Teresa Majoli, ottobre 2024

Paolo Thrull

Autodidatta di grande abilità tecnica, Paolo Thrull trasforma la tradizione pittorica in un’esperienza visiva fresca e contemporanea. I suoi soggetti classici, reinterpretati con colori brillanti e una sensibilità moderna, offrono al pubblico opere che uniscono l’eleganza del passato alla vitalità del presente.

La sua pittura si distingue per l’attenzione ai particolari, evocando l’iperrealismo senza aderirvi strettamente, e per la capacità di mantenere una calda dimensione emotiva che la rende unica. Lontano sia dall’approccio fotografico sia dai tratti rapidi della tradizione macchiaiola, l’artista esplora il figurativo contemporaneo con uno stile che è insieme rassicurante e innovativo.

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Ottavio Mangiarini

Ottavio Mangiarini (Brescia, 1990) si è formato al Liceo Artistico e successivamente all’Accademia di Brera, dove ha approfondito Teoria e pratica della Terapeutica Artistica. Fin dagli esordi ha sviluppato una ricerca personale che lo ha portato a collaborare con gallerie in Italia e all’estero, prendendo parte a mostre e progetti di rilievo.

La sua produzione pittorica si distingue per un linguaggio essenziale e rigoroso, frutto di una progressiva messa a fuoco del proprio lessico formale. Lontano da ogni riduzione del dato iconico, Mangiarini esplora invece le zone più sensibili e intime dell’immaginario, dando vita a un codice pittorico che si apre a una lettura universale.

Le sue opere si sviluppano in serie, ciascuna delle quali approfondisce un tema attraverso decine o centinaia di variazioni. Dai Carnet di viaggio ai Busti, fino al Diario ornitologico, l’artista mette alla prova la forza della ripetizione e della declinazione formale. In alcune serie è la figura umana a dominare, indagata nei suoi tratti essenziali e resa icona di un’esperienza condivisa. In altre, come nel Diario ornitologico, il protagonista è un semplice uccello stilizzato, sempre uguale a se stesso, che diventa pretesto per un gioco cromatico raffinato: ampie campiture di colore uniforme si confrontano e si scontrano, creando contrasti vibranti e inattese armonie.

Questo metodo gli consente di attraversare i linguaggi visivi mantenendo una coerenza interna forte, che unisce rigore compositivo e libertà espressiva. Ogni opera si offre come una tappa di un percorso più ampio, in cui variazione e costanza convivono, trasformando la pittura in un’esperienza di memoria e di scoperta continua.

Maria Teresa Majoli, settembre 2025

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Rosy Mantovani

Rosy Mantovani: tra solitudine e resilienza

Le opere di Rosy Mantovani raccontano un’umanità sospesa, fragile ma capace di resistere. Giovani donne e adolescenti emergono dai paesaggi urbani delle periferie, luoghi crudi e distopici che diventano metafora di una società impoverita nei valori e incapace di guardare al futuro con fiducia. Queste figure sono presenze-assenze: icone silenziose di un tempo in cui la comunicazione è globale ma l’umanità sembra smarrita, rinchiusa nel proprio “io” e incapace di trasformarsi in un “noi”.

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L’infanzia perde l’aura simbolica tradizionale e diventa specchio di una società anestetizzata, ma proprio attraverso la candida presenza dei giovani protagonisti, Mantovani suggerisce possibilità di rinascita. Come fiori cresciuti tra le crepe dell’asfalto, queste figure incarnano la forza della resilienza: occhi assorti nei pensieri ma pronti a non arrendersi, sguardi rivolti al domani nonostante la desolazione circostante.

Nata a Vigevano nel 1968, Mantovani ha iniziato come grafica pubblicitaria diplomata all’Accademia d’Arti Applicate di Milano, perfezionandosi in una prestigiosa agenzia milanese. La sua formazione artistica prosegue con la Fondazione Roncalli di Vigevano sotto la guida dei pittori Oronzo Mastro e Davide Avogadro, esperienze che le hanno permesso di sviluppare una cifra stilistica personale, capace di coniugare precisione tecnica e profondità emotiva.

La pittura di Mantovani si muove tra malinconia e speranza, narrando il paradosso della globalizzazione: un mondo unito nelle distanze fisiche ma frammentato nei legami umani. Le periferie diventano scenari di contrasto, dove il caos del mondo esterno e il silenzio interiore dei soggetti coesistono. Il mito del progresso e la religione del lusso e del divertimento lasciano spazio a una solitudine malinconica, eppure la forza interiore dei protagonisti emerge come luce che attraversa le ombre urbane.

Ogni opera è un invito a osservare la vita con occhi attenti, a riconoscere le crepe ma anche i germogli di speranza. Nei dipinti di Mantovani, vulnerabilità e resistenza convivono: la solitudine diventa occasione di riflessione, la quiete interiore si fa gesto di resistenza, la fragilità diventa poesia visiva. La sua arte ci ricorda che, nonostante il mal di vivere, la bellezza dei piccoli gesti e degli sguardi consapevoli può dare senso al nostro tempo.

Maria Teresa Majoli, settembre 2025

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