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Alfredo Pini

Alfredo Pini (Mirandola, 1958) inizia la sua attività espositiva nel 1985, sviluppando nel corso degli anni un linguaggio pittorico personale e riconoscibile. La sua ricerca si concentra inizialmente sulle vedute urbane: città percorse all’alba o al crepuscolo, avvolte da foschie sottili e attraversate da tram, automobili o dalla presenza affettiva e ricorrente della Vespa. Sono scenari che restituiscono atmosfere sospese, fredde e silenziose, dove la luce filtra come attraverso un velo e la memoria si intreccia alla percezione.

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Accanto al paesaggio metropolitano, Pini introduce progressivamente nuovi temi e registri visivi. Negli ultimi anni la sua attenzione si è rivolta anche alla figura umana: donne, bambini, presenze colte nella loro quotidianità o nel loro rapido passaggio, che si affiancano alle architetture come punti di riferimento emotivi. Non si tratta di una svolta improvvisa, ma di un’evoluzione naturale della sua ricerca, un ampliamento dello sguardo che gli permette di attraversare il reale in modi diversi, mantenendo coerenza di tratto e sensibilità.

La sua pittura si caratterizza per l’oscillazione tra definizione e sfocatura, per l’uso di luci che scivolano sulle superfici come pensieri in movimento e per una tavolozza che alterna toni freddi e atmosfere più calde, spesso legate agli interni, ai locali notturni, alla musica. Ogni opera appare come una tappa di un percorso personale, un modo di esplorare gli equilibri – e gli squilibri – della vita contemporanea, dal dinamismo urbano al bisogno di quiete.

Nel corso della sua carriera Pini ha partecipato a numerose mostre collettive e personali, consolidando una produzione che resta fedele alla propria identità, pur aprendosi a nuove direzioni narrative e formali. Oggi il suo lavoro continua a indagare il rapporto tra luoghi, persone e stati d’animo, invitando l’osservatore a intraprendere un viaggio che è al tempo stesso geografico e interiore.

Maria Teresa Majoli

 

Laura Ruberto

L’arte di Laura Ruberto è un continuo processo di trasformazione, un intreccio di materiali e tecniche che dà forma a una narrazione visiva sempre in evoluzione. Le sue opere nascono da una stratificazione attenta e sensibile, in cui si alternano vecchie stoffe domestiche, frammenti di tele ridipinte, metalli, fili, chiodi e materiali di recupero. Ogni elemento porta con sé un vissuto e una memoria, che vengono riattivati nel processo creativo per generare un dialogo profondo tra passato e presente.

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Ruberto costruisce le sue composizioni con una geometria che non rinuncia all’emozione. Le forme e i colori sono disposti con un rigore che non comprime, ma anzi potenzia l’espressività, creando un equilibrio vibrante tra ordine e libertà. L’artista cerca un’armonia che appare subito all’occhio, anche al di là delle letture critiche: le sue opere colpiscono per la qualità estetica, per l’equilibrio tra le forme e per la capacità di accostare texture diverse che catturano la luce in modo vario e affascinante. È un’arte che si fa quasi palpabile, invitando lo spettatore a un’esperienza sensoriale completa.

La scelta dei materiali non è mai casuale. L’artista lavora con ciò che è stato scartato, dimenticato, o consumato dal tempo, restituendogli valore e significato. Questa operazione non ha solo un valore estetico: in essa si cela una forte componente etica e politica. Le sue opere si caricano di consapevolezza e affrontano tematiche legate al genere, alla disuguaglianza, alla memoria collettiva. Ogni pezzo diventa così non solo testimonianza personale, ma anche manifesto silenzioso di una riflessione più ampia sul mondo.

La superficie pittorica, animata dalla tensione tra gesto e costruzione, tra materia e racconto, diventa uno spazio di esplorazione in cui si intrecciano storie individuali e universali. In ogni lavoro, il gesto pittorico è atto di indagine e riscoperta, di cura e di ascolto.

In definitiva, l’opera di Laura Ruberto si configura come un ponte tra tempo e materia, tra emozione e struttura, tra estetica e contenuto. È un universo in continua espansione, dove la memoria si rinnova e l’immaginazione apre varchi verso nuove possibilità. Le sue opere non si limitano a essere osservate: creano un dialogo, chiamano il pubblico a partecipare, a riflettere, a sentire.

Maria Teresa Majoli, luglio 2025

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