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Michela Masini

Michela Masini, artista toscana, coltiva fin da bambina l’amore per l’arte, il colore e i materiali. La sua formazione prende forma al Liceo Artistico, dove studia sotto la guida di maestri come Massimo Micheli, sviluppando una sensibilità attenta e un linguaggio pittorico personale.

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Esperta di antiquariato, negli ultimi anni ha scelto di dedicarsi con maggiore intensità alla pittura, avviando un percorso espositivo che mette in luce la varietà della sua ricerca.

La sua produzione si muove tra due poli espressivi complementari. Da un lato, una natura magica e complice, costruita attraverso rapide e sintetiche pennellate che vibrano di luce e atmosfere fantastiche. Dall’altro, un universo ironico e talvolta pungente, dove sarcasmo, gioco e ribellione danno vita a opere dal sapore piccante e malizioso.
Queste due anime, apparentemente distanti, dialogano e si completano, accompagnando lo spettatore in un viaggio ricco di suggestioni, riflessioni e inattese verità.

Giada Pasini

Giada Pasini ci apre le porte di un universo di colore e allegria, dove icone dei nostri tempi diventano protagonisti di opere dall’energia contagiosa.

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Creatrice dalla fantasia scoppiettante, porta sulle tele i protagonisti più amati della cultura pop, mettendoli in scena in luoghi e situazioni familiari, ma allo stesso tempo sorprendenti, trasformandoli in composizioni equilibrate, piacevoli e divertenti.
Ecco tutta la tribù Paperino in pose inaspettate, che scatenano la fantasia. Leggendarie auto degli anni passati, fumetti storici, miti dell’immaginario collettivo, popolano le sue storie, in cui il tempo sembra fermarsi, e che invitano al sorriso e all’ottimismo.
Si aprono finestre su mondi fantastici, dove la nostalgia si mescola alla modernità e l’umorismo è sempre presente.

Vincenzo Marino

Vincenzo Marino è nato a Napoli e vive a Genova, città nella quale è cresciuto e che oggi rappresenta il suo punto di riferimento creativo. Autodidatta, disegna e sperimenta con i colori fin da bambino, dando forma a un linguaggio espressivo personale e in continua evoluzione.

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Il suo stile affonda le radici nel mondo del fumetto e della cultura pop, ma si distingue per un taglio fortemente ironico e una spiccata capacità di osservazione della realtà. Le sue opere sono uno specchio spietato — e al tempo stesso giocoso — della società contemporanea, attraversate da un umorismo sottile che riesce a toccare temi profondi senza mai perdere leggerezza.

Con tratti netti e colori vivaci, Marino costruisce immagini accattivanti che colpiscono al primo sguardo, ma che sanno anche suggerire riflessioni più ampie. Il sarcasmo e l’ironia sono i suoi strumenti di lettura del presente, usati non per deridere, ma per svelare, smascherare, talvolta consolare. Il suo lavoro invita l’osservatore a guardare il mondo con occhi nuovi, attraverso il filtro di un sorriso che disinnesca e illumina.

Claudio Citi

Claudio Citi

Tra ironia, natura e inquietudine: metamorfosi contemporanee

Claudio Citi, artista livornese, lavora con una pittura figurativa vivace e accattivante, che riesce a fondere sapientemente amore per la natura e critica sociale. Le sue opere, anche di grande formato, affascinano per l’uso esperto del colore e per la leggerezza apparente delle forme, ma nascondono spesso significati profondi, talvolta scomodi, che emergono con sottile ironia.

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Animali, piante ed elementi naturali popolano le sue tele, ma raramente sono rappresentati nella loro forma originaria. Citi gioca con la trasformazione, dando vita a creature ibridate, mutate, sospese tra realtà e immaginazione. Queste metamorfosi, trattate con un tocco insieme amorevole e inquietante, sembrano suggerire una riflessione sul nostro rapporto con il mondo naturale. C’è, nelle sue figure – come certi polli geneticamente modificati che ci osservano con sguardo intelligente e beffardo – una vena ironica e quasi macabra, che diventa commento tagliente sull’evoluzione forzata, sulla manipolazione biotecnologica, sulla perdita di autenticità.

Ogni opera è un invito a guardare oltre, a cogliere l’ambiguità tra gioco e minaccia, tra bellezza e dissonanza. Citi ci spinge a riflettere sulle conseguenze delle nostre scelte, ma senza mai rinunciare a un linguaggio visivo accessibile, che accoglie lo spettatore con grazia e lo accompagna, quasi con un sorriso, verso la consapevolezza.

La leggerezza del gioco non sminuisce, ma amplifica il potere del messaggio: il suo è un mondo in cui la meraviglia si mescola al dubbio, e la natura diventa specchio delle nostre paure, delle nostre aspirazioni, dei nostri limiti.

Scultore oltre che pittore, realizza anche originali gioielli d’arte. Nel 2019 ha vinto il Premio della Giuria  a La Quadrata con l’opera Naturalmentetossico, esposta in seguito ad Arte Padova 2019.

Maria Teresa Majoli, aprile 2025

Giuseppe Trentacoste

Giuseppe Trentacoste

Giuseppe Trentacoste (Firenze, 1977) sviluppa una personale ricerca sulla materia e sulla memoria degli oggetti, concentrandosi da oltre vent’anni su una tecnica che definisce “tela piegata”. La sua opera nasce dal gesto semplice ma profondamente simbolico del piegare sacchi di juta, in precedenza utilizzati per contenere caffè, tabacco o cacao. Materiali di scarto, impregnati di storia e di viaggi, diventano così protagonisti di un linguaggio che unisce arte povera, rilievo scultoreo e pittura.

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«La mia tecnica – spiega l’artista – è basata sull’utilizzo di sacchi di juta che, in precedenza, contenevano caffè, tabacco o cacao. Piegando questi sacchi, che recupero presso torrefazioni locali o grazie ad amici che tornano da viaggi all’estero, creo bassorilievi. Attraverso la manualità e le diverse piegature, che non seguono una precisa logica, faccio in modo che i timbri di provenienza rimangano in vista, cosicché il fruitore della mia opera possa conoscere il vissuto e il percorso del sacco. Infatti, esso stesso è, per me, veicolo e opera d’arte, strumento e risultato: il sacco ha una sua memoria e una sua storia, così come tutti gli oggetti».

Il processo è complesso e in continua evoluzione dal 2005. I sacchi vengono piegati più volte, intelaiati, trattati con resine, colle e colori acrilici per raggiungere una compattezza e una rigidità pari a quella della plastica, pur restando internamente vuoti e leggeri. La juta, materiale povero e ruvido, rinasce in nuove forme: da semplice contenitore diventa superficie viva, trama pulsante di una narrazione visiva che conserva i segni del proprio passato.

L’uso del sacco di juta e dell’imbottitura conferisce all’opera una tridimensionalità grezza, fatta di materiali umili che contrastano con la forza visiva e concettuale del soggetto. In molti lavori di Trentacoste, la materia diventa teatro di un immaginario ironico e surreale: figure, simboli e personaggi del mondo pop e infantile emergono dal rilievo come apparizioni giocose, capaci di trasformare l’oggetto in un racconto corale.

Attraverso la “tela piegata”, Trentacoste trasforma la memoria del materiale in linguaggio poetico. Ogni piega è un respiro, ogni trama un percorso. Nella sua ricerca si intrecciano sostenibilità, recupero e libertà espressiva: il sacco conserva la sua voce originaria ma parla un linguaggio nuovo, quello dell’arte che sa vedere oltre la superficie delle cose.

Lillo Ciaola

Lillo Ciaola – Ironia e leggerezza nell’arte digitale

Lillo Ciaola, nato a Caltanissetta nel 1986, porta nella sua arte digitale un’ironia intelligente e pungente che intreccia storia, mito e attualità. Le sue immagini, frizzanti e argute, si muovono tra citazione colta e intuizione pop, restituendo con leggerezza una riflessione profonda sulla natura umana. In ogni composizione si percepisce il piacere del gioco visivo e della battuta sottile, ma anche la consapevolezza di chi utilizza la cultura come strumento di dialogo e di libertà.

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L’artista costruisce universi surreali dove personaggi e simboli del passato si incontrano con quelli del presente, dando vita a una commedia visiva che mescola ironia, poesia e senso critico. Il suo linguaggio, diretto e accessibile, trasforma la storia dell’arte in un teatro contemporaneo dove tutto può accadere: figure celebri si ritrovano in situazioni improbabili, mentre elementi naturali e architettonici diventano parte del racconto.

Ciaola usa la tecnica digitale come un pennello moderno, capace di combinare nitidezza e matericità, ironia e bellezza. La stampa su carta di pregio restituisce alle sue opere un’eleganza tattile, in contrasto con la loro natura giocosa e provocatoria. L’artista non si limita a reinterpretare: reimmagina, spiazza, invita lo spettatore a guardare con occhi nuovi immagini che sembravano già note, rivelando in esse nuove possibilità di lettura e di sorriso.

Nel suo lavoro convivono il bello e il brutto, la cultura alta e la quotidianità, in un “fritto misto” di suggestioni che stimola curiosità e buonumore. Così, l’arte di Lillo Ciaola diventa un esercizio di leggerezza consapevole: un modo per raccontare la complessità del nostro tempo attraverso la sorpresa, la risata e la libertà del pensiero creativo.

Emiliano Dalle Piagge (UODI)

Uodi, pseudonimo di Emiliano Dalle Piagge, è un artista che sfugge a ogni definizione tradizionale, fondendo l’energia della street art con la narrativa del fumetto e la libertà espressiva della tela. Nato dalla scuola del fumetto, il suo lavoro evolve verso un linguaggio autonomo, capace di oscillare tra ironia e inquietudine, leggerezza e violenza, narrazione e astrazione. Ogni sua creazione diventa un universo visivo autonomo, dove caos e controllo convivono in un equilibrio sorprendentemente armonico.

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Le opere di Uodi, spesso popolate da figure senza volto avvolte in armature punteggiate di spilli, invitano lo spettatore a confrontarsi con un mondo sospeso tra gioco e provocazione. In “Opus tra spilli, banane e skate”, ad esempio, la figura domina un terreno instabile di banane gialle, simbolo di fragilità e rischio, mentre il gesto iconico della mano suggerisce trasgressione e forza visiva. L’artista costruisce così piccoli enigmi, in cui ogni dettaglio – dal percorso instabile al gesto simbolico – diventa parte di un racconto più ampio, ironico e poetico allo stesso tempo.

Uodi raramente si mostra di persona, vivendo attraverso le sue opere e trasformando ogni esperienza estetica in un momento di scoperta e meraviglia. Le sue creazioni sono allo stesso tempo istintive e calcolate, capaci di coinvolgere lo spettatore in un dialogo silenzioso e profondo, dove realtà e finzione, comicità e pericolo, corpo e armatura si intrecciano in un immaginario unico. Con la sua capacità di fondere colore, forma e gesto, Uodi conferma il suo talento nel creare un mondo visivo originale, sorprendente e dissacrante, capace di rimanere impresso nella memoria di chi osserva.

Luigi Massa

Luigi Massa è un grafico illustratore di Napoli. Lavora come graphic e web designer.

Dopo gli studi presso l’Accademia di Belle Arti, che lo ha visto affrontare tutte le tecniche pittoriche, quindi la serigrafia, calcografia, incisione etc., ha proseguito la sua formazione al Guru Lab in progettazione Grafica.

Ha dato poi una svolta alla sua ricerca avvicinandosi alla street art e iniziando a esporre e partecipare a eventi e mostre.

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In galleria abbiamo le sue opere digitali, stampate su cartoncino, nelle due serie “Supereroi” e “Mostriciattoli”.

Le figure dei supereroi appaiono in colori totalmente rivisitati e personalizzati, ripetute nella stessa dimensione e in posizioni differenti in un pattern serrato. I mostriciattoli offrono una frizzante serie di tributi ai grandi dell’arte o recano ironici messaggi.  In queste creazioni, in cui il segno sostituisce la pennellata, Massa fonde abilmente la tecnologia digitale con la tradizione artistica, creando un connubio accattivante di forme e colori.

 

Abbiamo poi la serie “Jazz Session”

In questa serie, che ritrae i musicisti jazz, ogni tratto a pennarello nero è un’armonia fissata, un giro di note inciso sul cartoncino. Ma è nelle macchie di colore, improvvisazioni vibranti, che la vera essenza del jazz si manifesta.

Immaginiamo il disegno come una jam session. Il musicista-artista inizia con la traccia nera, un tema delineato come il ritmo di base di un brano jazz. Ma poi, come il sax che s’innalza sopra il ritmo, i colori si uniscono alla danza.

Il rosso ardente evoca il calore di un sax che brilla nel buio di un club notturno, mentre il blu profondo culla il basso, solido come una base ritmica, il verde sprizza improvvisazione come un assolo di tromba.

Queste macchie di colore sono le improvvisazioni, le risposte al tema principale. Si sovrappongono, si intrecciano, creando armonie e contrasti che si riflettono nel caos controllato di una jam session. Come il solista trascende le note scritte, così il pittore jazz esplora nuove melodie e armonie e mentre ritrae i musicisti, non solo cattura la loro figura, ma evoca l’anima del jazz stesso: l’improvvisazione, l’energia, la libertà di espressione che si dipana come una sinfonia di colori sfumati.

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