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Cesare Braccini

Cesare Braccini: Il Poeta dei Paesaggi Livornesi

Cesare Braccini, spentosi nel 2025 all’età di 83 anni.

Pittore capace di trasformare la memoria visiva della sua città in un racconto pittorico intriso di poesia e delicatezza. Con la sua tavolozza morbida e luminosa, Braccini ha saputo restituire l’anima dei luoghi che lo hanno visto nascere e crescere, imprimendo sulla tela le sfumature più autentiche della Livorno di ieri e di oggi.

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La sua pittura figurativa si inserisce nella tradizione labronica, ricollegandosi ai grandi maestri del passato, ma con uno stile personale inconfondibile. I suoi paesaggi, sia quelli campestri che quelli marini, sono finestre aperte su un mondo intriso di ricordi e nostalgia. Guardando le sue opere si ha la sensazione di sfogliare un album di memoria collettiva, in cui la natura si offre in tutte le stagioni: la primavera fiorita, l’autunno dalle calde tonalità dorate, l’inverno silenzioso e ovattato.

Anche il mare, elemento imprescindibile dell’identità livornese, trova nelle tele di Braccini un interprete sensibile e attento. Le sue vedute costiere trasmettono la quiete di un porto sicuro, il fascino delle barche a riposo al tramonto, la promessa di un viaggio che si prepara tra reti e vele pronte per prendere il largo.

Ma non solo paesaggi: la sua pittura ha immortalato gli angoli più caratteristici di Livorno, dai bastioni della Fortezza Nuova alle strade dell’Ardenza e di San Jacopo, dove nacque e trascorse l’infanzia. Sono luoghi intrisi di luce e di malinconia, raccontati con un affetto che traspare da ogni pennellata, quasi a voler custodire le atmosfere di una città in continua evoluzione, senza disperdere il suo spirito autentico.

Nonostante le esperienze di vita fuori dalla Toscana, in città del nord Italia segnate dal grigiore industriale e dal ritmo frenetico, Braccini non ha mai smesso di portare con sé il calore della sua terra, traducendolo in opere che trasmettono serenità e armonia. Il suo sguardo artistico ha sempre evitato toni drammatici o inquieti: non troveremo nelle sue tele cieli tempestosi o paesaggi caotici, ma piuttosto un mondo pacifico e accogliente, specchio di un’anima gentile e riflessiva.

Con la sua scomparsa, Livorno perde non solo un pittore, ma un testimone visivo della sua bellezza e della sua storia. Le sue opere continueranno a raccontare il fascino della città e dei suoi dintorni, come pagine dipinte di un libro senza tempo, capaci di trasmettere emozioni e di farci sentire, ancora una volta, a casa.

Maria Teresa Majoli, febbraio 2025

Giovanni Graziani

Giovanni Graziani è nato nel 1946 a Livorno, dove vive e lavora tuttora. La sua pittura si distingue per un tratto pulito, realistico e semplice, che mette in evidenza il suo interesse per la quotidianità e l’essenza dell’esperienza umana. I suoi soggetti sono tratti dalla vita di tutti i giorni: persone colte in attimi di riflessione, di pausa o di silenzio. Sono figure che sembrano sospese nel tempo, fermate nei loro gesti abituali, come giovani pensose, anziani assorti nella lettura, ragazze che riposano sugli scalini di una chiesa.

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Per Graziani, il contesto, pur importante e curato, non è mai protagonista, ma piuttosto un interlocutore che accompagna i suoi protagonisti. Quando non c’è un essere umano rappresentato, sono gli oggetti e le tracce della sua presenza a prendere il posto del soggetto. Tavolini vuoti di un bar all’aperto, una barca rovesciata su una spiaggia deserta, una panchina solitaria di fronte al mare: questi sono gli emblemi della sua poetica, che invita alla riflessione sul silenzio, sul tempo che passa e sull’introspezione.

Nel suo lavoro, Graziani crea un dialogo continuo con la solitudine e la meditazione, spingendo lo spettatore a riflettere sulla propria condizione, sulla fragilità dell’esistenza e sull’importanza dei piccoli momenti di riflessione quotidiana. Non c’è mai una risposta chiara o un messaggio definitivo, ma un invito a fermarsi e guardare, a entrare in sintonia con l’individualità dei suoi soggetti, anche quando questi sono lontani, invisibili, solo testimoniati dalle tracce lasciate nel mondo.

Maria Teresa Majoli, febbraio 2025

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