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Gloria Geraci

Gloria Geraci vive e lavora a Livorno, città che pulsa di storia e tradizione artistica. La sua pittura figurativa nasce da una sensibilità profonda e da un raffinato equilibrio tra tecnica e poetica, capace di restituire la magia dei dettagli più minuti.

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Le sue opere spaziano dalle marine, evocative e tranquille, alle nature morte, dove ogni elemento racconta una storia di luce e armonia. I paesaggi toscani che rappresenta riflettono la dolcezza delle colline, i cieli mutevoli e la quiete della campagna, trasportando chi osserva in un mondo sospeso tra serenità e meraviglia.

Con Gloria Geraci, la tela diventa un dialogo intimo tra l’artista e lo spettatore: ogni pennellata rivela emozioni sincere e un amore profondo per la natura e per il colore, trasformando ogni quadro in un piccolo universo di poesia e bellezza.

Capitan Morgan

Capitan Morgan, nome d’arte di un artista che ha scelto il legno come suo mezzo espressivo, lavora con passione e precisione nell’intarsio di diverse tipologie di legno.

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I suoi soggetti preferiti sono animali, in particolare i bassotti, e personaggi famosi, icone pop, rappresentati attraverso un sapiente gioco di colori e sfumature ottenute dai legni di frutta e nelle opere più recenti anche dai colori acrilici. Ogni tavola realizzata è unica, con dettagli che si distinguono grazie alla tecnica meticolosa dell’intarsio, ed è un’esperienza visiva che comunica delicatezza, emozione e un legame profondo con la natura e le sue forme più pure.

Davide Robert Ross

Davide Robert Ross

“I ritratti e le figure di questa esposizione di quadri, intitolata Il Tratto Dipinto, sono il racconto di un percorso che l’artista compie, con i suoi mezzi espressivi, nella raffigurazione di attimi sfuggevoli ma di grande intensità emotiva. Non c’è nulla di celato o metaforico, arriva subito chiaro che ciascun ritratto o figura, oggetto, apre percorsi sensoriali dove riconoscersi e rivedersi, non tanto nella somiglianza fisica, ma nell’aver vissuto gli stessi attimi, stati d’animo, sguardi, desideri, che vediamo esprimersi da questi dipinti.

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Davanti a questa spiazzante sincerità, entra in gioco l’artista che, con il suo particolare modo di dipingere, riesce ad espandere queste sensazioni, in tutta l’ opera, con pennellate rettilinee, decise, armonizzate dalle fini trasparenze, ci rivelano una pittura dinamica, nervosa, travagliata, impaziente, che si traduce in un’ immagine non certo idilliaca, ma piuttosto si traduce in un senso di decadenza, caratteristica dei nostri tempi, inchinandosi alla regola fondamentale: l’Arte deve essere espressione della nostra contemporaneità, altrimenti perderebbe la sua funzione e si ridurrebbe ad una compiacente copertina patinata.

Arrivando al cuore, cioè il valore artistico di Il “Tratto Dipinto”, questo titolo potrebbe sembrare metaforico, ma in realtà è molto descrittivo e concreto, e deriva dalla personale ricerca di Ross di conservare la stessa immediatezza e potenza che ha il tratto di un disegno nell’ attimo in cui si inizia a rendere concreto il pensiero, cioè fin dai primi segni che prendono vita con il tratto della matita.

Spesso questa spontaneità, viene perduta nel passaggio successivo, cioè dipingendo, magari a favore di una maggior precisione, oppure perchè l’ artista decide per un tipo di resa pittorica più convenzionale.

Nella pittura di Ross, si nota però una volontà, non solo di conservare, ma anche di amplificare la naturale potenza espressiva del disegno, riproponendone la naturalità con i pennelli, al punto che, in alcuni casi, somigliano più a degli schizzi che ad un dipinto.

Il tutto è ben bilanciato e amalgamato, da una regia sicura delle proprie abilità e dal suo chiaro obbiettivo: dipingere il Tratto!”

Davide Robert Ross

 

Riccardo Lizio

Riccardo Lizio è un artista livornese che ha sempre trovato nella sua città natale la principale fonte di ispirazione per il suo percorso creativo. Dopo un inizio autodidatta, ha proseguito la sua formazione alla Libera Accademia Trossi Uberti di Livorno, per poi avventurarsi in un cammino di ricerca e sperimentazione personale che lo ha portato a distaccarsi dalle tradizionali scuole accademiche.

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Il suo lavoro si concentra principalmente sul colore e sulla materia, attraverso un linguaggio che si fa immediatamente emotivo e viscerale. La superficie della tela diventa un campo di esplorazione dove il colore non è solo pigmento, ma una forma di linguaggio capace di comunicare sensazioni profonde. La scelta di colori acrilici, foglie, elementi vegetali e carte pregiate di riso contribuisce a creare piani visivi che si sovrappongono, arricchendo le sue opere di una fisicità che rende il colore un’entità tangibile.

Il gioco dei colori è il vero protagonista: esso cattura l’occhio e, attraverso l’inserimento delicato di materiali diversi, crea una sorta di danza visiva che conferisce alle tinte una qualità corporea. La superficie pittorica, pur rimanendo astratta, è attraversata da sottili intrusioni di elementi che, quasi senza volerlo, trasmettono una sensazione di tridimensionalità, dove la pittura diventa viva e palpabile. Ogni elemento si fonde con l’altro per dare vita a una nuova composizione che emerge, lentamente, dalla tela, sfumando il confine tra il visivo e il materiale.

Riccardo Lizio, attraverso questa ricerca incessante, ci invita a riflettere sulla realtà nascosta sotto la superficie delle cose, a percepire l’invisibile e a vivere l’esperienza artistica come un incontro profondo con la materia e con la luce che essa emana. Ogni opera è un invito a esplorare le emozioni che il colore è in grado di suscitare, a vivere il dipinto non solo come una rappresentazione, ma come una vera e propria esperienza sensoriale.

Maria Teresa Majoli, aprile 2025

Vera Lowen

Vera Lowen è un’artista con oltre quarant’anni di esperienza, il cui lavoro si muove tra pittura su tessuto e acquarello. Nata come acquarellista e architetto di formazione, ha sviluppato negli anni una cifra stilistica personale, in cui tecnica e sensibilità si intrecciano per dare vita a opere dal forte impatto emotivo.

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I suoi lavori esplorano la condizione umana, trasformando fragilità ed emozioni in immagini sospese tra memoria, speranza e rinascita. Negli ultimi anni la sua ricerca si è sempre più orientata verso tematiche sociali, dove la pittura diventa uno strumento per osservare la realtà e stimolare riflessioni profonde sulla vita e sulla società.

Le opere di Vera Lowen sono realizzate su tessuti pregiati, come sete leggere e delicate, su cui ogni tratto è il frutto di un lungo percorso di studio e sperimentazione. Il processo creativo parte dall’ideazione su carta, passa attraverso schizzi ad acquarello e infine si trasferisce sul tessuto, dando vita a composizioni leggiadre e preziose, dove colore, luce e materia dialogano con lo spettatore.

Fiori, elementi naturali e oggetti quotidiani diventano simboli di resilienza, bellezza e rinascita. In questa prospettiva, la pittura di Vera Lowen non è solo estetica, ma anche un veicolo di riflessione e partecipazione: ogni opera invita chi osserva a confrontarsi con sé stesso, a ritrovare armonia e speranza in un mondo sempre più complesso.

Giuseppe Trentacoste

Giuseppe Trentacoste

Giuseppe Trentacoste (Firenze, 1977) sviluppa una personale ricerca sulla materia e sulla memoria degli oggetti, concentrandosi da oltre vent’anni su una tecnica che definisce “tela piegata”. La sua opera nasce dal gesto semplice ma profondamente simbolico del piegare sacchi di juta, in precedenza utilizzati per contenere caffè, tabacco o cacao. Materiali di scarto, impregnati di storia e di viaggi, diventano così protagonisti di un linguaggio che unisce arte povera, rilievo scultoreo e pittura.

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«La mia tecnica – spiega l’artista – è basata sull’utilizzo di sacchi di juta che, in precedenza, contenevano caffè, tabacco o cacao. Piegando questi sacchi, che recupero presso torrefazioni locali o grazie ad amici che tornano da viaggi all’estero, creo bassorilievi. Attraverso la manualità e le diverse piegature, che non seguono una precisa logica, faccio in modo che i timbri di provenienza rimangano in vista, cosicché il fruitore della mia opera possa conoscere il vissuto e il percorso del sacco. Infatti, esso stesso è, per me, veicolo e opera d’arte, strumento e risultato: il sacco ha una sua memoria e una sua storia, così come tutti gli oggetti».

Il processo è complesso e in continua evoluzione dal 2005. I sacchi vengono piegati più volte, intelaiati, trattati con resine, colle e colori acrilici per raggiungere una compattezza e una rigidità pari a quella della plastica, pur restando internamente vuoti e leggeri. La juta, materiale povero e ruvido, rinasce in nuove forme: da semplice contenitore diventa superficie viva, trama pulsante di una narrazione visiva che conserva i segni del proprio passato.

L’uso del sacco di juta e dell’imbottitura conferisce all’opera una tridimensionalità grezza, fatta di materiali umili che contrastano con la forza visiva e concettuale del soggetto. In molti lavori di Trentacoste, la materia diventa teatro di un immaginario ironico e surreale: figure, simboli e personaggi del mondo pop e infantile emergono dal rilievo come apparizioni giocose, capaci di trasformare l’oggetto in un racconto corale.

Attraverso la “tela piegata”, Trentacoste trasforma la memoria del materiale in linguaggio poetico. Ogni piega è un respiro, ogni trama un percorso. Nella sua ricerca si intrecciano sostenibilità, recupero e libertà espressiva: il sacco conserva la sua voce originaria ma parla un linguaggio nuovo, quello dell’arte che sa vedere oltre la superficie delle cose.

Francesco Manenti

Francesco Manenti – Figure sospese e tensioni interiori

Francesco Manenti, nato a Carpi nel 1974 e attivo a Modena, è un artista poliedrico che lavora tra pittura, illustrazione, teatro e circo contemporaneo. Essenzialmente autodidatta, ha sviluppato uno stile personale che unisce sospensione, empatia e metamorfosi, dando vita a opere capaci di evocare emozioni profonde più che di descrivere la realtà.

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Al centro della sua pittura ci sono spesso i cani, ma non intesi come animali domestici o gioiosi: diventano figure esistenziali, fragili e dolorose, intrappolate in dinamiche interiori che l’osservatore può riconoscere nella propria esperienza. Le loro posture e i gesti suggeriscono desideri di libertà trattenuti da legami invisibili, metafore dell’anima che cerca di liberarsi ma resta guidata e contenuta. Sono figure che chiedono attenzione, ascolto e rispetto per il loro movimento trattenuto.

Le opere di Manenti, come le serie “Strane Creature Abbandonate Richiedenti Trasformazione Interiore”, riflettono un’idea di arte che è prima di tutto empatia. La materia pittorica sfuma e accenna, creando presenze che emergono come ectoplasmi da spazi rarefatti e struggenti. La pittura non racconta in modo diretto, ma invita lo spettatore a leggere tra le righe della forma e del colore, trasformando la visione in un’esperienza interiore.

Oltre ai cani, Manenti realizza serie come le “Etere”, dove figure stilizzate e delicate si confrontano con spazi sospesi, creando narrazioni minime che parlano di fragilità, desideri e tensioni interiori. Ogni quadro diventa così un piccolo racconto umano e simbolico, capace di toccare corde profonde e universali, tra memoria, emozione e metafora.

La forza delle opere di Francesco Manenti sta nella capacità di unire sensibilità e rigore espressivo: le figure, pur essendo essenziali e sintetiche, comunicano intensità emotiva e complessità psicologica. L’osservatore viene invitato a fermarsi, a osservare e a riflettere, entrando in contatto con ciò che di più primordiale e vero ci portiamo dentro.

La pittura di Manenti non è mai decorativa: è esercizio di attenzione, ricerca di significato, invito alla trasformazione. Ogni tela, ogni figura, ogni gesto diventa metafora della condizione umana, tra fragilità e resilienza, istinto e controllo. In questo senso, l’arte di Manenti è sospensione e metamorfosi, poesia visiva che parla direttamente all’anima dello spettatore.

Riccardo Chirici

Riccardo Chirici ha iniziato a dipingere da autodidatta e nel ’75 si è iscritto alla scuola Trossi-Uberti diretta da Voltolino Fontani e poi Marc Sardelli. Ha frequentato i corsi di incisione col pittore livornese Walter Cecchi.

Dopo qualche anno  di studi presso la facoltà di scienze biologiche di Pisa, ha deciso di dedicarsi completamente alla pittura e nel 1991 si è diplomato presso l’ Accademia di belle arti di Firenze col prof. Gianfranco Notargiacomo.

In quarant’anni di ininterrotto lavoro ha esposto in molte mostre collettive e personali in Italia e all’estero.

La pittura, così bella, di Riccardo Chirici evoca le magie della natura in tutte le sue forme. Il paesaggio naturale e il paesaggio antropico offrono scenari che un occhio sapiente sa trasformare in lirica pittura. Le vibrazioni dell’acqua,  i ruscelli incantati, i verdi profondi che accolgono oscurità segrete, i fiori dai colori accesi che invadono campagne assolate, divengono poesia nelle atmosfere soffuse e soffici di una pittura morbida e pastosa.

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Le opere di Riccardo Chirici sono pervase da una sottile simbiosi tra profumi, colori e suoni, che si fondono insieme in una vellutata unità. Le sensazioni evocate dalle opere si corrispondono tra loro, creando un mondo in cui i colori si trasformano in suoni e in profumi. Questa interconnessione segreta, queste corrispondenze sottili, sono la chiave di volta che rende le opere del pittore così evocative e suggestive. Un invito a esplorare questi territori segreti dell’anima umana, dove i confini tra le varie sensazioni si dissolvono e si fondono in una sorta di unità mistica.

L’influenza macchiaiola lo rende libero nel dipingere con freschezza verista una realtà rappresentata da macchie di colore e dal chiaroscuro. Colta en plein air da tocchi veloci, la sua pittura esalta la mutabilità della luce che scandisce forme e colori. Sebbene rappresenti il vero, non si sofferma sui particolari e non si preoccupa di rappresentare i dettagli. Al contrario, la sua pittura è verista nella misura in cui cattura lo spirito della realtà, focalizzandosi sulla magia delle luci e delle ombre. L’artista non cerca di riprodurla, ma piuttosto di catturarne l’essenza, trasmettendo un senso di incanto e suggestione. Le opere invitano lo spettatore a immergersi in un mondo di sensazioni e di emozioni, dove i dettagli lasciano il posto alla magia dell’atmosfera. La sua pittura, in questo senso, è una sorta di invito a guardare il mondo con occhi diversi, a scoprire la bellezza nascosta tra le pieghe dell’ordinario, a cogliere la poesia dell’esistenza in ogni suo momento.

Maria Teresa Majoli

Roberto Becherucci

La pittura di Becherucci nasce sempre dal vero, da quella pratica en plein air che in tempi odierni è ormai rara, ma che restituisce una forza e una freschezza impossibili da ricreare in studio. La sua è un’esperienza diretta con il paesaggio, vissuta tra vento, luce e salsedine, che diventa linguaggio pittorico immediato, vibrante e autentico.

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Artista profondamente legato al territorio, Roberto Becherucci vive e lavora a Livorno. La sua pittura si inserisce nella tradizione labronica, rinnovandola con uno stile personale e contemporaneo. Formatosi accanto ad alcuni maestri della scuola livornese, ha saputo sviluppare una voce autonoma, capace di raccontare il paesaggio urbano e marino con una tavolozza ricca e sorprendente, che alterna delicate armonie a esplosioni di luce.

Ogni suo quadro è un atto d’amore verso la terra toscana e livornese: autentico, energico e appassionato. Nel tramonto allo Scoglio della Regina si ritrovano insieme la memoria storica, il dialogo con la tradizione pittorica e l’inconfondibile segno dell’artista, che restituisce al nostro sguardo non solo un luogo, ma un’emozione viva, vibrante, che ci appartiene.

Maria Teresa Majoli, agosto 2025

ARDO

ARDO, al secolo Alfonso di Berardo, realizza le sue opere uniche attraverso una tecnica meticolosa e raffinata, che trasforma ogni pezzo in un piccolo miracolo di luce e profondità.

Nelle “Cattedrali di luce”, l’artista sovrappone strati di colore su legno, incidendo la superficie con una punta secca fino a creare un bassorilievo sottile e prezioso. Il risultato è un gioco di contrasti tra superficie e profondità, che conferisce ai suoi edifici una luminosità intensa e un senso di leggerezza quasi sospesa. Le architetture emergono come intricate trine, richiamando la magnificenza delle cattedrali e la spiritualità che esse evocano.

L’opera di ARDO non è solo estetica: invita l’osservatore a percepire la luce come elemento vitale e simbolico, creando un dialogo silenzioso tra tecnica, materia e trascendenza.

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