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Didier Goguilly

Didier Goguilly

Pittore, disegnatore, fotografo, è nato a Besançon nel 1966 e vive e lavora a Pau.
A diciotto anni, dopo aver conseguito il diploma di ebanista, che già richiede una buona base di disegno, inizia a dipingere. Siamo nel 1985 e Didier entra alla scuola d’arte, prima a Mâcon e poi a Besançon, lasciandosi influenzare da Cremonini, Corot, Courbet, Balthus, Hopper, Bonnard, Richter, Debre e molti altri. Negli studi è allievo di Joël Desbouiges, Georges Oudot, Jens Boettcher, Jean Ricardon e di Jean-Marc Scanreigh.
Dopo il diploma lascia Besançon per stabilirsi a Pau e qui, per un gioco di situazioni e per l’influenza del paesaggio, la sua pittura si libera, si emancipa e prende una nuova direzione.

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Ancorato alla figurazione, la sua pittura scava, scandaglia i concetti ne sono alla base, un lento lavoro che si sviluppa nel tempo in varie serie di opere.

La sua attività trova oggi un complemento nel trasmettere la sua esperienza di artista sia attraverso i corsi che si svolgono presso il suo atelier che attraverso interventi nei musei, nelle scuole etc.

Per citare Michel Pagnoux a proposito del suo lavoro e della sua ricerca “La guida del colore è sicura, efficiente, serrata”, o ancora Joël Desbouiges « La costruzione pittorica del lavoro di Didier sottolinea il silenzio, l’assenza,  che resta il vero soggetto che ci rivelano le luci violente mentre dialogano con l’”oggetto” scelto”

“L’illusione, alla base delle mie esigenze, mi libera e mi permette di vivere il mondo, di esplorarlo, di goderne”.

Le pitture che sono in galleria fanno parte di questo filone. Si collegano al tema “sonno ed illusione” che può trovare un legame con l’onirismo, un lavoro sull’immagine, il tema e la realtà.

Pascale Morel

Pascale Morel è un’artista francese che vive e lavora tra Troyes e Parigi. Formata all’École Municipale des Beaux-Arts di Troyes e all’atelier Met de Penninghen – Académie Julian di Parigi, ha esercitato per oltre un decennio la professione di psicoanalista, esperienza che ha profondamente influenzato il suo approccio pittorico. La sua ricerca si concentra sull’uso dei colori della terra e del sangue – marroni polverosi e rossi profondi – per imprimere volti, emozioni e anime direttamente sulla tela. Nei suoi lavori emergono la sofferenza, la morte e l’espansione dell’anima, elementi che si fondono con la materia, creando opere drammatiche, intense e di grande bellezza, capaci di comunicare una connessione profonda con l’universo e con la condizione umana.

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 “ Cosa mi dice la pittura: paesaggi informali o luoghi d’origine della pittura? Dipingo sulla tela perché la superficie delle caverne è rara oggigiorno. Mi sforzo, sull’orlo dell’abisso. Penso in tutta imbecillità, dentro un non-sapere. Devo senza posa perdere, spogliare, allarmare, risvegliare. Costruire, disfare. C’è una spinta, la percezione cercata di un legame con l’universo, la materializzazione  di una diversità, l’estrapolazione, la vertigine.

Il tema iniziale, il paesaggio, fu senza dubbio un pretesto per partire. Lotto contro la volontà del tutto cosciente di esprimere un’emozione, uno stato d’animo. Ho un bisogno folle d’inventare, dolce pazzia o orgoglio smisurato?

Mi pare che la pittura debba grattare la superficie e condurre irresistibilmente all’origine della creazione stessa.

Luogo di smarrimento voluto, un precipitare in uno spazio aleatorio, ove talvolta emerge un tramite, una passerella, il luogo abitato-disabitato che collega l’uomo all’universo.

La pittura, soglia tra la solitudine e l’incontro, è più che mai un atto di amore e di resistenza.  La pittura mi ha coinvolto. E’ la mia pelle e in essa ora cerco il corpo. ”

Yvana Duchene

Yvana Duchene vive e lavora a Biarritz. Si è formata alla celebre École Nationale Supérieure Des Beaux-Arts  di Parigi. Nel 2012 ha ottenuto il prestigioso premio della Biennale Goiart Ordizia.

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Il suo lavoro si ispira direttamente alla pittura espressionista austriaca e tedesca. Da qualche anno la sua pittura si è concentrata sul volto e sullo sguardo, alla ricerca di una via per rappresentare forti passioni ed emozioni, se non la follia.

Alla galleria Il Melograno saranno esposti alcuni lavori che appartengono al ciclo  ”Welcome in Wonderland”.

Sono volti particolarmente intensi  dagli occhi indimenticabili nei quali qualche goccia di azzurro crea una luce drammatica nel  gioco del bianco e nero.

Richard Tisserant

L’opera di Richard Tisserant colpisce per l’inquietudine silenziosa che emana da questa figura ibrida, a metà tra umano e bestiale. Sul corpo incerto e deformato, privo di braccia e terminante in tre dita massicce, si posa un volto segnato da un’angoscia struggente.

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Linee sottili tracciano l’immagine, mentre delicate pennellate grigie ne rafforzano il dramma. Lo sguardo, che riflette una tristezza indifesa, è distolto, come se questo essere cercasse di sfuggire alla propria realtà, incapace di trovare un appiglio nel mondo circostante.

La figura sembra una creatura di altri tempi e di nessun luogo, incarnazione di una fragilità che va oltre il mostruoso, che si fonde con l’umanità in un grido silenzioso. Nell’assenza di proporzioni e nella tensione degli occhi, si cela la condizione eterna dell’essere umano: la lotta contro i limiti del corpo e le sofferenze dell’anima, la resistenza di chi, pur segnato da deformità e disillusione, sembra cercare con infinita speranza un senso nel buio.

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