Volto drammatico di Pascale Morel, colori della terra e del sangue, anima e sofferenza impressi sulla tela, pittura intensa e poetica

Pascale Morel

Pascale Morel è un’artista francese che vive e lavora tra Troyes e Parigi. Formata all’École Municipale des Beaux-Arts di Troyes e all’atelier Met de Penninghen – Académie Julian di Parigi, ha esercitato per oltre un decennio la professione di psicoanalista, esperienza che ha profondamente influenzato il suo approccio pittorico. La sua ricerca si concentra sull’uso dei colori della terra e del sangue – marroni polverosi e rossi profondi – per imprimere volti, emozioni e anime direttamente sulla tela. Nei suoi lavori emergono la sofferenza, la morte e l’espansione dell’anima, elementi che si fondono con la materia, creando opere drammatiche, intense e di grande bellezza, capaci di comunicare una connessione profonda con l’universo e con la condizione umana.

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 “ Cosa mi dice la pittura: paesaggi informali o luoghi d’origine della pittura? Dipingo sulla tela perché la superficie delle caverne è rara oggigiorno. Mi sforzo, sull’orlo dell’abisso. Penso in tutta imbecillità, dentro un non-sapere. Devo senza posa perdere, spogliare, allarmare, risvegliare. Costruire, disfare. C’è una spinta, la percezione cercata di un legame con l’universo, la materializzazione  di una diversità, l’estrapolazione, la vertigine.

Il tema iniziale, il paesaggio, fu senza dubbio un pretesto per partire. Lotto contro la volontà del tutto cosciente di esprimere un’emozione, uno stato d’animo. Ho un bisogno folle d’inventare, dolce pazzia o orgoglio smisurato?

Mi pare che la pittura debba grattare la superficie e condurre irresistibilmente all’origine della creazione stessa.

Luogo di smarrimento voluto, un precipitare in uno spazio aleatorio, ove talvolta emerge un tramite, una passerella, il luogo abitato-disabitato che collega l’uomo all’universo.

La pittura, soglia tra la solitudine e l’incontro, è più che mai un atto di amore e di resistenza.  La pittura mi ha coinvolto. E’ la mia pelle e in essa ora cerco il corpo. ”

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