Maurizio Pupilli

La ricerca di Maurizio Pupilli si fonda su una personale interpretazione del puntinismo, inteso non come mera tecnica, ma come pratica lenta e meditativa. Ogni punto è un respiro, un frammento di luce che, insieme agli altri, costruisce una vibrazione cromatica. La superficie del quadro diventa così un campo vivo, attraversato da minimi scarti di tono e da infiniti passaggi che generano l’immagine.

Scopri le opere disponibili in galleria

Il suo linguaggio si è progressivamente distaccato dalla figurazione tradizionale per approdare a una dimensione essenziale e rarefatta. Le forme non sono descritte, ma suggerite: appaiono come presenze che emergono dal ritmo dei punti, dal dialogo continuo tra pieni e vuoti, tra densità e trasparenze. È un processo che non impone, ma lascia affiorare.

La pittura di Pupilli nasce da tempi lunghi, da gesti pazienti e costanti. Non c’è improvvisazione, ma un fluire controllato che trasmette un senso di armonia interiore. Ogni opera diventa esperienza di contemplazione, uno spazio dove la luce non solo illumina, ma costruisce e trasfigura.

In questa pratica rigorosa e al tempo stesso poetica, la natura è presenza costante: rami, radici, intrecci vegetali non sono semplici soggetti, ma pretesti per esplorare la relazione fra visibile e invisibile, fra forma e dissolvenza. È una pittura che ci invita a rallentare, a guardare davvero, a cogliere la vita sottile che vibra in ogni frammento di colore.

Lillo Ciaola

Lillo Ciaola – Ironia e leggerezza nell’arte digitale

Lillo Ciaola, nato a Caltanissetta nel 1986, porta nella sua arte digitale un’ironia intelligente e pungente che intreccia storia, mito e attualità. Le sue immagini, frizzanti e argute, si muovono tra citazione colta e intuizione pop, restituendo con leggerezza una riflessione profonda sulla natura umana. In ogni composizione si percepisce il piacere del gioco visivo e della battuta sottile, ma anche la consapevolezza di chi utilizza la cultura come strumento di dialogo e di libertà.

scopri le opere disponibili in galleria

L’artista costruisce universi surreali dove personaggi e simboli del passato si incontrano con quelli del presente, dando vita a una commedia visiva che mescola ironia, poesia e senso critico. Il suo linguaggio, diretto e accessibile, trasforma la storia dell’arte in un teatro contemporaneo dove tutto può accadere: figure celebri si ritrovano in situazioni improbabili, mentre elementi naturali e architettonici diventano parte del racconto.

Ciaola usa la tecnica digitale come un pennello moderno, capace di combinare nitidezza e matericità, ironia e bellezza. La stampa su carta di pregio restituisce alle sue opere un’eleganza tattile, in contrasto con la loro natura giocosa e provocatoria. L’artista non si limita a reinterpretare: reimmagina, spiazza, invita lo spettatore a guardare con occhi nuovi immagini che sembravano già note, rivelando in esse nuove possibilità di lettura e di sorriso.

Nel suo lavoro convivono il bello e il brutto, la cultura alta e la quotidianità, in un “fritto misto” di suggestioni che stimola curiosità e buonumore. Così, l’arte di Lillo Ciaola diventa un esercizio di leggerezza consapevole: un modo per raccontare la complessità del nostro tempo attraverso la sorpresa, la risata e la libertà del pensiero creativo.

Taichi Ichikawa

Nel silenzio di uno studio illuminato dalle sfumature dorato-rosate del tramonto, nascono acquarelli dalla delicatezza senza tempo. La pennellata, leggera come un sussurro, si posa sulla carta di riso pregna di promesse, trasformandola in uno specchio dell’anima femminile.

scopri le opere disponibili in galleria

Gli occhi languidi, profondi come pozzi d’ambra, incrociano lo sguardo dello spettatore senza timore, invitandolo a esplorare il labirinto delle emozioni umane. Donne sfrontate, che sfidano il mondo con il loro sguardo deciso, e altre perdute, con lo sguardo smarrito nel vuoto di un’incertezza interiore. Talora danzano leggere come foglie portate dal vento, i loro corpi si piegano sinuosi sotto la pioggia che scende come lacrime del cielo. Accanto a loro, il gatto si arrotola con noncuranza, complice dei loro segreti e delle loro passioni. I capelli scuri cadono come seta intorno ai volti dai lineamenti perfetti, mentre l’incarnato di porcellana conferisce loro un’aura di eterea bellezza.

In ogni pennellata si cela la maestria di un’artista che ha saputo catturare l’essenza stessa della femminilità, trasformando la morbida carta in un viaggio attraverso la bellezza e il mistero dell’universo femminile.

Elisa Biagiotti

 Maria Teresa Majoli, aprile 2025

Ernesto Portas

Ernesto Portas è nato nel 1938 a Barcellona, in Spagna.

Dopo gli studi artistici in Spagna, sull’esempio del padre pittore, completa la sua formazione in Francia e quindi all’Accademia di Belle Arti di Firenze, seguendo I corsi di Primo Conti e Domenico Purificato. Nel 1967 si trasferisce a Livorno, dove ha proseguito una feconda e fortunata carriera artistica.

E’ mancato a Livorno nel maggio 2021

scopri le opere disponibili in galleria

Due nature intime di Ernesto Portas

Due opere intense e sorprendenti di Ernesto Portas, realizzate alla fine degli anni Settanta, ci riportano in una cucina di ieri, semplice e reale, carica di odori e gesti familiari.

La prima raffigura una bistecca, poggiata su quella carta da macellaio ruvida e giallastra, che oggi in pochi ricordano ma che allora era ovunque: sulle carni appena tagliate, sulle tavole di trattorie sincere, usata anche come tovaglia o come blocco da schizzi. Una materia povera, impregnata di quotidianità, diventata superficie d’arte.

L’altra tela propone un soggetto altrettanto umile ma poetico: un barattolo di latta, forse un contenitore di vernice, nel quale Portas ha sistemato due zucchini con il fiore, come si fa con i fiori veri. Un gesto d’affetto, uno sguardo curioso sulle cose semplici che lo circondavano.

Entrambe le opere sono realizzate con pennellate larghe e decise, che modellano forme, luci e ombre solo attraverso il colore. Nessun disegno preparatorio, nessun contorno: solo emozione, volume, presenza. La pittura di Portas non è rappresentazione, ma vibrazione di sguardo, impatto emotivo diretto.

Modernissime nella loro essenzialità, queste due nature morte sembrano schizzi pittorici eseguiti d’istinto, ma racchiudono uno studio profondo, una capacità rara di cogliere il senso delle cose minime. Sono ricordi di un tempo vicino eppure già lontano, filtrati dalla sensibilità calda e appassionata di un artista che ha sempre guardato al vero con rispetto e libertà.

Ernesto Portas, nato a Barcellona nel 1938 e scomparso a Livorno nel 2021, è stato artista autentico e coerente, formatosi tra la Spagna, la Francia e l’Italia, allievo tra gli altri di Primo Conti e Domenico Purificato. Queste due opere ne raccontano con semplicità tutta la forza pittorica e la verità interiore.

Maria Teresa Majoli, luglio 2025

Giovanni Graziani

Giovanni Graziani è nato nel 1946 a Livorno, dove vive e lavora tuttora. La sua pittura si distingue per un tratto pulito, realistico e semplice, che mette in evidenza il suo interesse per la quotidianità e l’essenza dell’esperienza umana. I suoi soggetti sono tratti dalla vita di tutti i giorni: persone colte in attimi di riflessione, di pausa o di silenzio. Sono figure che sembrano sospese nel tempo, fermate nei loro gesti abituali, come giovani pensose, anziani assorti nella lettura, ragazze che riposano sugli scalini di una chiesa.

scopri le opere di Giovanni Graziani disponibili in galleria

Per Graziani, il contesto, pur importante e curato, non è mai protagonista, ma piuttosto un interlocutore che accompagna i suoi protagonisti. Quando non c’è un essere umano rappresentato, sono gli oggetti e le tracce della sua presenza a prendere il posto del soggetto. Tavolini vuoti di un bar all’aperto, una barca rovesciata su una spiaggia deserta, una panchina solitaria di fronte al mare: questi sono gli emblemi della sua poetica, che invita alla riflessione sul silenzio, sul tempo che passa e sull’introspezione.

Nel suo lavoro, Graziani crea un dialogo continuo con la solitudine e la meditazione, spingendo lo spettatore a riflettere sulla propria condizione, sulla fragilità dell’esistenza e sull’importanza dei piccoli momenti di riflessione quotidiana. Non c’è mai una risposta chiara o un messaggio definitivo, ma un invito a fermarsi e guardare, a entrare in sintonia con l’individualità dei suoi soggetti, anche quando questi sono lontani, invisibili, solo testimoniati dalle tracce lasciate nel mondo.

Maria Teresa Majoli, febbraio 2025

Emiliano Dalle Piagge (UODI)

Uodi, pseudonimo di Emiliano Dalle Piagge, è un artista che sfugge a ogni definizione tradizionale, fondendo l’energia della street art con la narrativa del fumetto e la libertà espressiva della tela. Nato dalla scuola del fumetto, il suo lavoro evolve verso un linguaggio autonomo, capace di oscillare tra ironia e inquietudine, leggerezza e violenza, narrazione e astrazione. Ogni sua creazione diventa un universo visivo autonomo, dove caos e controllo convivono in un equilibrio sorprendentemente armonico.

scopri le opere di Emiliano Dalle Piagge disponibli in galleria

Le opere di Uodi, spesso popolate da figure senza volto avvolte in armature punteggiate di spilli, invitano lo spettatore a confrontarsi con un mondo sospeso tra gioco e provocazione. In “Opus tra spilli, banane e skate”, ad esempio, la figura domina un terreno instabile di banane gialle, simbolo di fragilità e rischio, mentre il gesto iconico della mano suggerisce trasgressione e forza visiva. L’artista costruisce così piccoli enigmi, in cui ogni dettaglio – dal percorso instabile al gesto simbolico – diventa parte di un racconto più ampio, ironico e poetico allo stesso tempo.

Uodi raramente si mostra di persona, vivendo attraverso le sue opere e trasformando ogni esperienza estetica in un momento di scoperta e meraviglia. Le sue creazioni sono allo stesso tempo istintive e calcolate, capaci di coinvolgere lo spettatore in un dialogo silenzioso e profondo, dove realtà e finzione, comicità e pericolo, corpo e armatura si intrecciano in un immaginario unico. Con la sua capacità di fondere colore, forma e gesto, Uodi conferma il suo talento nel creare un mondo visivo originale, sorprendente e dissacrante, capace di rimanere impresso nella memoria di chi osserva.

Alessia Bernardeschi

Alessia Bernardeschi – “La forza sottile”

La ricerca di Alessia Bernardeschi si concentra da anni sulla figura femminile, indagata con rigore e sensibilità attraverso acquarelli, pastelli, disegni a matita e tecniche miste. Ogni opera nasce come un dialogo intimo, un processo di scoperta che diventa narrazione universale.

Trova le opere di Alessia Bernardeschi disponibili in galleria

Le donne di Alessia non sono icone distanti né corpi da idealizzare: sono presenze autentiche, portatrici di una forza che si manifesta nella loro stessa vulnerabilità. Sono figure che non cercano di sedurre, ma di affermare la propria dignità. Guerriere senza armi, affrontano il mondo restando salde nella loro verità, con la fermezza di chi sceglie di non arretrare.

Nelle sue immagini, ferme eppure vibranti, emerge il momento fragile e potentissimo in cui si decide di resistere. Una resistenza che non ha bisogno di rumore, che non si alimenta di conflitto, ma che trova sostegno nella coerenza interiore.

La materia stessa diventa parte del racconto: la carta, i colori, le trame delicate si trasformano in luoghi di battaglia interiore, campi aperti dove convivono fragilità ed energia. Così, ogni opera diventa specchio di un’esperienza collettiva, un invito ad ascoltare le zone più profonde di sé.

Lo stile di Alessia Bernardeschi, sempre più personale e riconoscibile, unisce eleganza e intensità, delicatezza e rigore. Ne nasce una pittura capace di toccare corde intime senza bisogno di alzare la voce, che resta impressa nello spettatore con la forza sottile delle cose necessarie.

Maria Teresa Majoli, ottobre  2025

Francesco Manenti

Francesco Manenti – Figure sospese e tensioni interiori

Francesco Manenti, nato a Carpi nel 1974 e attivo a Modena, è un artista poliedrico che lavora tra pittura, illustrazione, teatro e circo contemporaneo. Essenzialmente autodidatta, ha sviluppato uno stile personale che unisce sospensione, empatia e metamorfosi, dando vita a opere capaci di evocare emozioni profonde più che di descrivere la realtà.

scopri le opere disponibili in galleria

Al centro della sua pittura ci sono spesso i cani, ma non intesi come animali domestici o gioiosi: diventano figure esistenziali, fragili e dolorose, intrappolate in dinamiche interiori che l’osservatore può riconoscere nella propria esperienza. Le loro posture e i gesti suggeriscono desideri di libertà trattenuti da legami invisibili, metafore dell’anima che cerca di liberarsi ma resta guidata e contenuta. Sono figure che chiedono attenzione, ascolto e rispetto per il loro movimento trattenuto.

Le opere di Manenti, come le serie “Strane Creature Abbandonate Richiedenti Trasformazione Interiore”, riflettono un’idea di arte che è prima di tutto empatia. La materia pittorica sfuma e accenna, creando presenze che emergono come ectoplasmi da spazi rarefatti e struggenti. La pittura non racconta in modo diretto, ma invita lo spettatore a leggere tra le righe della forma e del colore, trasformando la visione in un’esperienza interiore.

Oltre ai cani, Manenti realizza serie come le “Etere”, dove figure stilizzate e delicate si confrontano con spazi sospesi, creando narrazioni minime che parlano di fragilità, desideri e tensioni interiori. Ogni quadro diventa così un piccolo racconto umano e simbolico, capace di toccare corde profonde e universali, tra memoria, emozione e metafora.

La forza delle opere di Francesco Manenti sta nella capacità di unire sensibilità e rigore espressivo: le figure, pur essendo essenziali e sintetiche, comunicano intensità emotiva e complessità psicologica. L’osservatore viene invitato a fermarsi, a osservare e a riflettere, entrando in contatto con ciò che di più primordiale e vero ci portiamo dentro.

La pittura di Manenti non è mai decorativa: è esercizio di attenzione, ricerca di significato, invito alla trasformazione. Ogni tela, ogni figura, ogni gesto diventa metafora della condizione umana, tra fragilità e resilienza, istinto e controllo. In questo senso, l’arte di Manenti è sospensione e metamorfosi, poesia visiva che parla direttamente all’anima dello spettatore.

Luigi Massa

Luigi Massa è un grafico illustratore di Napoli. Lavora come graphic e web designer.

Dopo gli studi presso l’Accademia di Belle Arti, che lo ha visto affrontare tutte le tecniche pittoriche, quindi la serigrafia, calcografia, incisione etc., ha proseguito la sua formazione al Guru Lab in progettazione Grafica.

Ha dato poi una svolta alla sua ricerca avvicinandosi alla street art e iniziando a esporre e partecipare a eventi e mostre.

scopri le opere disponibili in galleria

In galleria abbiamo le sue opere digitali, stampate su cartoncino, nelle due serie “Supereroi” e “Mostriciattoli”.

Le figure dei supereroi appaiono in colori totalmente rivisitati e personalizzati, ripetute nella stessa dimensione e in posizioni differenti in un pattern serrato. I mostriciattoli offrono una frizzante serie di tributi ai grandi dell’arte o recano ironici messaggi.  In queste creazioni, in cui il segno sostituisce la pennellata, Massa fonde abilmente la tecnologia digitale con la tradizione artistica, creando un connubio accattivante di forme e colori.

 

Abbiamo poi la serie “Jazz Session”

In questa serie, che ritrae i musicisti jazz, ogni tratto a pennarello nero è un’armonia fissata, un giro di note inciso sul cartoncino. Ma è nelle macchie di colore, improvvisazioni vibranti, che la vera essenza del jazz si manifesta.

Immaginiamo il disegno come una jam session. Il musicista-artista inizia con la traccia nera, un tema delineato come il ritmo di base di un brano jazz. Ma poi, come il sax che s’innalza sopra il ritmo, i colori si uniscono alla danza.

Il rosso ardente evoca il calore di un sax che brilla nel buio di un club notturno, mentre il blu profondo culla il basso, solido come una base ritmica, il verde sprizza improvvisazione come un assolo di tromba.

Queste macchie di colore sono le improvvisazioni, le risposte al tema principale. Si sovrappongono, si intrecciano, creando armonie e contrasti che si riflettono nel caos controllato di una jam session. Come il solista trascende le note scritte, così il pittore jazz esplora nuove melodie e armonie e mentre ritrae i musicisti, non solo cattura la loro figura, ma evoca l’anima del jazz stesso: l’improvvisazione, l’energia, la libertà di espressione che si dipana come una sinfonia di colori sfumati.