Maurizio Barraco

Maurizio Barraco

Le donne di Maurizio Barraco non appartengono al regno della seduzione. Non c’è lussuria nei loro corpi nudi, non c’è compiacimento nello sguardo di chi le dipinge. Sono presenze sospese, colte nel fragile equilibrio tra il bisogno e la resa, tra la consapevolezza del proprio corpo e l’impossibilità di farne davvero casa. Nella pittura di Barraco la nudità non è scelta, ma condizione: un destino che si impone, una pelle che diventa prigione e testimonianza insieme.

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I suoi corpi sembrano respirare un dolore antico, un lutto silenzioso per la propria innocenza perduta. Sono donne che si devono concedere, che si offrono per necessità o per sopravvivenza, ma che dentro quella resa conservano ancora la dignità di un’anima vigile. Non cercano lo sguardo dell’altro: lo subiscono. E proprio in questo sguardo subito, accettato come una fatalità, si concentra tutta la loro tragedia.

Barraco lavora con un linguaggio diretto, sincero, senza abbellimenti. La sua pittura è asciutta, quasi crudele nella verità che racconta, ma attraversata da una sottile pietà. Ogni volto, ogni posa è un frammento di racconto: una storia di costrizione, di vulnerabilità, di consapevolezza senza riscatto. Le sue donne non sono eroine, ma testimoni di un destino comune, simboli di una femminilità ferita che non rinuncia alla propria presenza.

Maurizio Barraco è nato a Palermo, dove si è laureato presso l’Accademia di Belle Arti. Espone in Italia e all’estero dal 1992. Si dedica anche all’illustrazione e ha realizzato, tra le altre, quelle per il libro di poesie MARE’CAGE – Ovvero la palude dei sensi di Alex Triglias e Maurizio Barraco.
La sua pittura continua a interrogare lo spettatore, restituendo alla figura femminile la complessità, la fragilità e la verità che spesso lo sguardo maschile dimentica.

Carlotta Pardini

Le opere di Carlotta Pardini ci conducono in un mondo che si sospende tra il sogno e la realtà, dove il mare e il cielo si intrecciano in un abbraccio etereo, avvolgendo lo spettatore in un’atmosfera di pace e serenità. La sua tavolozza, dominata da azzurri cristallini e verdi intensi, richiama la profondità misteriosa degli abissi marini, dando vita a paesaggi immaginari e silenziosi, che parlano con la delicatezza di chi sa custodire la poesia del mondo naturale.

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Nel cuore di queste composizioni, piccole creature marine, leggere e vivaci, emergono dalle onde di colore con grazia, con le loro livree dorate che brillano come frammenti di luce che solcano un universo liquido. Ogni pennellata cattura il movimento fluido e armonioso di queste creature, trasmettendo un senso di calma profonda, quasi come se l’intero spazio pittorico fosse sospeso in una dimensione senza tempo.

Quando la tavolozza dell’artista si arricchisce di tonalità di rosso, oro e viola, la luce assume una nuova forza, esplodendo in riflessi intensi che sembrano sorgere dal cuore stesso della tela. I colori si fondono e si sovrappongono con una bellezza sensuale, creando un’atmosfera intima e avvolgente, in cui ogni sfumatura emana una scintilla di speranza e di pace.

Sopra tutto, lievi riflessi luminosi sembrano posarsi come delicate benedizioni, tracciando un cammino sereno che invita alla riflessione. Ogni dettaglio nelle sue opere diventa simbolo di un messaggio più profondo: la luce che guida, l’acqua che accoglie, i colori che narrano la vita in tutte le sue sfumature.

Le creazioni di Carlotta Pardini vanno ben oltre la semplice rappresentazione estetica: sono un invito a entrare in un mondo di riflessione interiore, dove la calma che emana da ogni tela diventa un balsamo per l’anima. La grazia e la delicatezza di ogni sua opera sono un abbraccio visivo che sa lenire le inquietudini e restituire una sensazione di rigenerazione e pace.

Con una sensibilità straordinaria, Carlotta Pardini invita lo spettatore a immergersi in un universo di contemplazione, dove il tempo si dilata e ogni pensiero trova spazio per dissolversi nell’incanto delle sue creazioni.

Maria Teresa Majoli, gennaio 2025

Carlotta Pardini nasce a Lucca e sin da giovane sviluppa una forte passione per l’Arte, che la porta a frequentare il Liceo Artistico Sperimentale della sua città. La sua carriera artistica si arricchisce di esperienze significative, partecipando a progetti collettivi che affrontano tematiche sociali e presentando le sue opere in diverse mostre personali e collettive, tra cui quelle al Palazzo Ducale di Lucca, all’ArtGallery Caruso in Sicilia e al Premio Rotonda della città di Livorno.

Convinta della funzione della pittura come strumento di crescita e trasformazione dell’essere umano, Carlotta approfondisce la sua formazione, avvicinandosi all’Antroposofia di Rudolf Steiner. Si diploma come Arte Terapeuta presso la “Scuola di Luca” di Firenze, integrando la sua arte con un forte impegno verso il benessere e l’evoluzione delle persone.

Oggi, oltre a dedicarsi alla pittura, Carlotta affianca chi è in difficoltà, guidandolo attraverso processi creativi che favoriscono un possibile miglioramento e la scoperta di nuove risorse interiori.

Sergio Mazzoni

Sergio Mazzoni è nato nel 1956 a Pistoia.  Ha iniziato a dedicarsi al disegno sin da giovane. Inizia ad esporre negli anni settanta.

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Durante questo periodo ha incontrato altri artisti, Slao, Forese Lenzi e Mirando Jacomelli che hanno condiviso con lui il percorso di crescita artistica e culturale. Nel 1983, insieme a F. Calamai, F. Lotti e A. Matani, ha fondato “Il Gruppo“, incentrato sulla figura di Francesco Melani. Nel 2003 prende il via il progetto “Gruppo Blu” insieme a giovani pittori, dando inizio all’esperienza xilografica come punto di convergenza. compagni d’arte ma anche di lavoro, i membri del gruppo sono soci del Circolo Aziendale Breda e colleghi presso l’Ansaldo Breda di Pistoia. Il nome del gruppo, “Gruppo Blu”, deriva dal colore delle loro tute da lavoro, il blu, che rappresenta un segno distintivo unificante e caratterizzante nella loro vita quotidiana, al quale hanno voluto attribuire un significato artistico. Da qualche tempo si è trasferito a  Livorno, dove vive attualmente. Suoi lavori sono presenti in collezioni private in Italia e all’estero.

In galleria trovate una vasta collezione di monotipi con intervento manuale su carta, piccoli pezzi unici, dai colori poco appariscenti, nei toni dimessi del bruno, dell’ocra, del azzurro pallido e dai tratti decisi e semplici. Accompagnati talvolta dalle parole che emergono dal supporto di carta, sono piccole sintesi di pensiero, piccoli concentrati di forza espressiva, carichi di valore concettuale.

Con questa particolare tecnica, Mazzoni, ribadisce il suo alfabeto personale fatto di segni essenziali che si compongono di punti e linee formanti figure geometriche minimali quali il triangolo, principio di tutte le forme e il quadrato, materialità della terra. Come afferma Stefano Spinelli l’unione di queste due immagini dà vita a una lunga serie di rappresentazioni di case, “famiglia, intimità, rifugio, struttura forte ma anche equilibrio fragile in continua evoluzione”.

Le immagini di Mazzoni si susseguono sulle carte come un elemento seriale in continua ripetizione e, al contempo, sembrano ricercare una loro identità differenziale. E’ così che nascono questi delicati momenti artistici dove emerge la trasparenza del quotidiano e dove inaspettatamente si svolgono le fila di profonde tesi artistico-filosofiche, quali la continua dialettica tra identità e differenza e tra manualità e concettualità.”

Futurboba

Luca Borchio, in arte Futurboba, è un autore che trasforma la materia in poesia. Le sue opere nascono dall’incontro fra gesto, tempo e superficie: disegni minuti e intensi, che si adagiano su legni già vissuti, portatori di cicatrici, venature e memorie. Queste superfici non vengono cancellate ma accolte, diventando parte integrante dell’opera. Su di esse Futurboba fa affiorare corpi stilizzati, anime leggere, abbracci e attese, gesti sospesi fra gioco e preghiera. È un linguaggio fatto di segni essenziali, di vuoti che parlano, di dolcezze ostinate che resistono al tempo.

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Nelle sue figure si ritrovano le fragilità quotidiane e i piccoli miracoli dell’esistenza: fragili, imperfetti, ma sacri. L’artista lavora per sottrazione, con pochi elementi — una linea, un pensiero, un cuore inciso — ma ogni segno possiede una densità emotiva straordinaria. A volte scrive, altre tace, ma in entrambi i casi riesce a toccare corde profonde, là dove dolore e tenerezza si confondono, dove anche le rotture diventano carezze e il custodire diventa un atto rivoluzionario.

Futurboba non è solo un disegnatore: è un narratore visivo che attraversa la materia come fosse un diario. La sua ricerca parte dalla fotografia, campo in cui si è inizialmente distinto per le sperimentazioni con tecniche di alterazione dell’immagine. Già nella prima personale, La realtà non mi basta, l’artista utilizzava la varichina per modificare le fotografie, segnando l’inizio di una costante indagine sulla materia e sul tempo.

Decisivo, nel suo percorso, l’incontro con Gabriele Devecchi, cofondatore del Gruppo T e figura di spicco dell’arte cinetica e programmata. Da quel momento Futurboba amplia i propri strumenti e sperimenta l’uso dell’alcool per alterare i colori dei marker, o il sottovuoto per fissare e preservare i lavori. Queste ricerche gli consentono di attraversare i confini tra grafica, pittura e poesia, dando vita a un linguaggio personale dove i titoli stessi diventano parte della narrazione.

Dalle superfici di legno alle carte, dai segni rapidissimi agli interventi pittorici più meditati, ogni opera nasce da un’urgenza espressiva immediata ma capace di toccare in profondità. Il suo mondo è popolato da figure essenziali, intime e universali insieme, che ci ricordano quanto l’arte possa essere al tempo stesso ferita e carezza, memoria e desiderio. Nel cuore del legno, ultima mostra dell’artista, conferma questa direzione poetica e materica, in cui l’umanità si fa segno e respiro.

Futurboba ( Luca Borchio) ha iniziato il suo percorso artistico con la fotografia. Nella sua prima personale dal titolo: “La realtà non mi basta” ha presentato una serie di foto elaborate e trattate con la varichina. L’incontro con Gabriele Devecchi , cofondatore del Gruppo T, avanguardia artistica nell’ambito dell’arte cinetica e programmata, è una tappa importante. Sperimenta tecniche disparate, tra le quali l’acool con il quale elabora il colore dei marker, e il sottovuoto, che usa per fissare i suoi lavori nel tempo plastificandoli.
Le opere su carta che abbiamo in galleria sono grafica, pittura e poesia allo stesso tempo, a partire dai titoli che fanno parte integrante del racconto e completano i tratti decisi e rapidi, resi morbidi dal colore diluito.

Tra le personali:
“la realtà non mi basta” – galleria Spirit – Milano – 2001
“Illuminazione post atomica” – – galleria Arte in Scacco – Vercelli – 2005
“Arte Sintetica” – galleria Arte in Scacco – Vercelli – 2006
“Sono apparso alla Madonna” – galleria di ART on STAGE  – Vigevano – 2011
L’Apocalisse di Brando” – galleria di ART on STAGE  – Vigevano – 2014
“Babele” Outartlet gallery- Vigevano – 2018

“La Donna di Atlantide” – Il Melograno Art Gallery Livorno – 2019

Nel cuore del legno – Melograno Art Gallery Livorno – 2025

Gloria Geraci

Gloria Geraci vive e lavora a Livorno, città che pulsa di storia e tradizione artistica. La sua pittura figurativa nasce da una sensibilità profonda e da un raffinato equilibrio tra tecnica e poetica, capace di restituire la magia dei dettagli più minuti.

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Le sue opere spaziano dalle marine, evocative e tranquille, alle nature morte, dove ogni elemento racconta una storia di luce e armonia. I paesaggi toscani che rappresenta riflettono la dolcezza delle colline, i cieli mutevoli e la quiete della campagna, trasportando chi osserva in un mondo sospeso tra serenità e meraviglia.

Con Gloria Geraci, la tela diventa un dialogo intimo tra l’artista e lo spettatore: ogni pennellata rivela emozioni sincere e un amore profondo per la natura e per il colore, trasformando ogni quadro in un piccolo universo di poesia e bellezza.

Capitan Morgan

Capitan Morgan, nome d’arte di un artista che ha scelto il legno come suo mezzo espressivo, lavora con passione e precisione nell’intarsio di diverse tipologie di legno.

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I suoi soggetti preferiti sono animali, in particolare i bassotti, e personaggi famosi, icone pop, rappresentati attraverso un sapiente gioco di colori e sfumature ottenute dai legni di frutta e nelle opere più recenti anche dai colori acrilici. Ogni tavola realizzata è unica, con dettagli che si distinguono grazie alla tecnica meticolosa dell’intarsio, ed è un’esperienza visiva che comunica delicatezza, emozione e un legame profondo con la natura e le sue forme più pure.

Luca Ceccanti

Luca Ceccanti vive in Toscana.

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E’ un artista versatile e poliedrico, che si dedica alla pittura figurativa. La sua passione lo porta a dipingere dal vivo scorci della nostra Toscana. In particolare, le opere che abbiamo in galleria sono scorci di Livorno, città che rappresenta per lui una grande fonte d’ispirazione. La sua tecnica preferita è quella di dipingere di getto, riportando sulla tela in maniera immediata le impressioni vive dei colori e delle luci. I dettagli lasciano il posto alla composizione d’insieme, per un risultato vivace e dinamico. E’ una pittura che  gli consente di catturare l’essenza del paesaggio e di trasmettere l’emozione del momento sulla tela.

Federico Cresci

Federico Cresci (Livorno, 1941 – 2022) è stato un pittore dalla profonda sensibilità, capace di trasformare la realtà quotidiana in visione poetica.

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La sua pittura figurativa, caratterizzata da una tavolozza limpida e da un tratto morbido e misurato, si muove tra paesaggi e nature morte, fiori e marine, scogliere e oggetti sospesi in atmosfere intime e silenziose.
Cresci ha saputo restituire alla pittura la dimensione del sogno, lasciando affiorare dietro ogni composizione un mondo interiore fatto di ricordi, desideri e contemplazione. Le sue nature morte non sono semplici studi di forma e luce, ma veri racconti visivi in cui il tempo sembra fermarsi, mentre i paesaggi e i soggetti onirici suggeriscono un significato nascosto, un dialogo segreto tra realtà e immaginazione.
La sua opera, sospesa tra tradizione e lirismo personale, continua a emozionare per la capacità di evocare, con pochi elementi essenziali, la poesia delle cose semplici e l’incanto del quotidiano trasfigurato.

Davide Robert Ross

Davide Robert Ross

“I ritratti e le figure di questa esposizione di quadri, intitolata Il Tratto Dipinto, sono il racconto di un percorso che l’artista compie, con i suoi mezzi espressivi, nella raffigurazione di attimi sfuggevoli ma di grande intensità emotiva. Non c’è nulla di celato o metaforico, arriva subito chiaro che ciascun ritratto o figura, oggetto, apre percorsi sensoriali dove riconoscersi e rivedersi, non tanto nella somiglianza fisica, ma nell’aver vissuto gli stessi attimi, stati d’animo, sguardi, desideri, che vediamo esprimersi da questi dipinti.

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Davanti a questa spiazzante sincerità, entra in gioco l’artista che, con il suo particolare modo di dipingere, riesce ad espandere queste sensazioni, in tutta l’ opera, con pennellate rettilinee, decise, armonizzate dalle fini trasparenze, ci rivelano una pittura dinamica, nervosa, travagliata, impaziente, che si traduce in un’ immagine non certo idilliaca, ma piuttosto si traduce in un senso di decadenza, caratteristica dei nostri tempi, inchinandosi alla regola fondamentale: l’Arte deve essere espressione della nostra contemporaneità, altrimenti perderebbe la sua funzione e si ridurrebbe ad una compiacente copertina patinata.

Arrivando al cuore, cioè il valore artistico di Il “Tratto Dipinto”, questo titolo potrebbe sembrare metaforico, ma in realtà è molto descrittivo e concreto, e deriva dalla personale ricerca di Ross di conservare la stessa immediatezza e potenza che ha il tratto di un disegno nell’ attimo in cui si inizia a rendere concreto il pensiero, cioè fin dai primi segni che prendono vita con il tratto della matita.

Spesso questa spontaneità, viene perduta nel passaggio successivo, cioè dipingendo, magari a favore di una maggior precisione, oppure perchè l’ artista decide per un tipo di resa pittorica più convenzionale.

Nella pittura di Ross, si nota però una volontà, non solo di conservare, ma anche di amplificare la naturale potenza espressiva del disegno, riproponendone la naturalità con i pennelli, al punto che, in alcuni casi, somigliano più a degli schizzi che ad un dipinto.

Il tutto è ben bilanciato e amalgamato, da una regia sicura delle proprie abilità e dal suo chiaro obbiettivo: dipingere il Tratto!”

Davide Robert Ross

 

Riccardo Lizio

Riccardo Lizio è un artista livornese che ha sempre trovato nella sua città natale la principale fonte di ispirazione per il suo percorso creativo. Dopo un inizio autodidatta, ha proseguito la sua formazione alla Libera Accademia Trossi Uberti di Livorno, per poi avventurarsi in un cammino di ricerca e sperimentazione personale che lo ha portato a distaccarsi dalle tradizionali scuole accademiche.

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Il suo lavoro si concentra principalmente sul colore e sulla materia, attraverso un linguaggio che si fa immediatamente emotivo e viscerale. La superficie della tela diventa un campo di esplorazione dove il colore non è solo pigmento, ma una forma di linguaggio capace di comunicare sensazioni profonde. La scelta di colori acrilici, foglie, elementi vegetali e carte pregiate di riso contribuisce a creare piani visivi che si sovrappongono, arricchendo le sue opere di una fisicità che rende il colore un’entità tangibile.

Il gioco dei colori è il vero protagonista: esso cattura l’occhio e, attraverso l’inserimento delicato di materiali diversi, crea una sorta di danza visiva che conferisce alle tinte una qualità corporea. La superficie pittorica, pur rimanendo astratta, è attraversata da sottili intrusioni di elementi che, quasi senza volerlo, trasmettono una sensazione di tridimensionalità, dove la pittura diventa viva e palpabile. Ogni elemento si fonde con l’altro per dare vita a una nuova composizione che emerge, lentamente, dalla tela, sfumando il confine tra il visivo e il materiale.

Riccardo Lizio, attraverso questa ricerca incessante, ci invita a riflettere sulla realtà nascosta sotto la superficie delle cose, a percepire l’invisibile e a vivere l’esperienza artistica come un incontro profondo con la materia e con la luce che essa emana. Ogni opera è un invito a esplorare le emozioni che il colore è in grado di suscitare, a vivere il dipinto non solo come una rappresentazione, ma come una vera e propria esperienza sensoriale.

Maria Teresa Majoli, aprile 2025